Nuova produzione al Monteverdi Festival di Cremona del Ritorno di Ulisse in patria, penultima opera a noi nota del compositore cremonese e qui proposta nella edizione critica a cura di Bernardo Ticci del 2021.
Dall’Orfeo mantovano al Ritorno, rappresentato a Venezia nel 1641, passano ben trentaquattro anni densi di avvenimenti nella vita musicale.
Monteverdi ha abbondantemente superato la settantina, e dal servizio del Duca di Mantova è passato a quello della Serenissima. Dal pari il suo lavoro si è trasferito dalla reggia alla scena del San Cassiano, il primo teatro pubblico aperto nel 1637 a Venezia. Il trattenimento di corte si fa quindi popolare. Cambia il pubblico e cambia il tipo di spettacolo, meno aulico e dove il comico si somma al tragico passando da personaggi favolosi a quelli della storia: più umani e realistici. L’epica nobiltà di Ulisse e di Penelope, la sensualità dell’amore nella coppia parallela Eurimaco-Melanto, l’arroganza dei Proci e tanti altri temi in cui, come è detto nei meravigliosi versi del Badoaro nel prologo, l’Umana Fragilità è vittima del Tempo e della Fortuna.
Ormai entrato a pieno titolo nell’eccellenza delle proposte culturali italiane, il Monteverdi Festival affida questa nuova produzione a Luigi De Angelis che cura regia, scene, luci e video mentre la drammaturgia e i costumi sono di Chiara Lagani, che poi assieme ad altri numerosi collaboratori formano la compagnia Fanny & Alexander, dalla quale è nato questo progetto artistico. Affermatasi sulla scena teatrale italiana come gruppo di ricerca, sperimentando metodi e discipline artistiche delle più disparate, Fanny & Alexander ha prodotto spettacoli teatrali, concerti, produzioni video e cinematografiche, installazioni, azioni performative, dove il loro lavoro è stato spesso caratterizzato dalla fusione di linguaggi di diverse discipline nella singola opera. Questo Ulisse ha l’essenzialità di un contemporaneo dai tratti netti e precisi, dai costumi minimali ma coloratissimi, di distorsioni temporali che una volta portano all’antico e a tratti ci proiettano in un oggi fatto di paillettes e t-shirt.
Interessante l’impianto scenico – decorazione delle scene a cura degli studenti del Liceo artistico dell’Istituto di Istruzione Superiore “Antonio Stradivari” di Cremona – che mescola l’ aulicità degli interventi degli dei, evanescenti in proiezioni che evocano ora l’acqua marina di Nettuno ora le nuvole che sono la dimora di Giove, alla scarna concretezza delle sagome animali che abitano il mondo degli uomini. Ecco che i perfidi Proci diventano moderni eroi negativi che tanto ricordano dei bulletti di periferia tutto pistole e sbruffonate, Il furbissimo Iro (un ispiratissimo Bruno Taddia in stato di grazia vocale ma soprattutto magnifico interprete) è un ragazzo con la sindrome di Down, con i suoi tic e le sue nevrosi, che cerca di ritagliarsi uno spazio tutto suo fatto di cibo e lussuria. De Angelis riesce ad utilizzare tutto lo spazio scenico del Teatro, i cantanti entrano e si muovono dal fondo sala, appaiono nei palchetti, escono, entrano e si rincorrono da tutte le porte disponibili e quando si tratta di eliminare i Proci, una corsa spiritata di Ulisse vendicatore per corridoi e palchetti in cerca dei pretendenti della sua Penelope, con proiettato in video il mirino del suo arco tecnologico, arma di morte e redenzione. Questo Ritorno ci è parso un lavoro che stimola la vicinanza del pubblico, che chiede allo spettatore non solo di guardare uno spettacolo ma anche di porsi delle domande sul perché di quanto accade, di rivoltare il mito e la favola in pensiero, riflettere sulla fragilità umana.
La resa della parte musicale si è assestata su di un livello di eccellenza a partire dalla direzione musicale di Ottavio Dantone. Con la sua Accademia Bizantina , profondo conoscitore del repertorio monteverdiano, ha confermato la sua propensione ad elaborare una concertazione rispettosa della filologia e della prassi esecutiva dell'epoca, ma costruita sul ritmo della narrazione, scegliendo tempi e sonorità sempre pertinenti all'azione drammatica, oltre che calibrati sulle caratteristiche vocali dei cantanti sulla scena. Dantone ha messo ancor più a fuoco un' interpretazione strumentale in cui logica filologica e libertà espressiva derivano non da calcoli ma da adesione schietta al campionario espressivo portato in scena dall' autore sulla scorta delle vicende omeriche. Plauso incondizionato va inoltre al concertmaster Alessandro Tampieri che ha saputo reggere le fila degli strumentisti quando Dantone era impegnato al basso continuo.
Mauro Borgiani ha conferito al protagonista dell'opera tratti di notevole e consumata drammaticità, sollecitando il difficilissimo recitar cantando con cui si esprime questo personaggio, di tutte le sfumature espressive offerte dal testo, magnifico eroe in cerca di serenità, di una quiete lungamente vagheggiata, e che finalmente si stempera nel sospiroso duetto finale. Prova veramente maiuscola. L’imperturbabile Penelope di Delphine Galou, nonostante difetti di una voce microscopica, risulta perfetta per la postura tragica, la ricchezza di armonici, lo slancio del declamato della «misera regina». La sua Penelope è bellissima, dolente, fiera, superba come deve essere, ed è finissima nel canto come nel gesto. Più temperamentosa Giuseppina Bridelli come Minerva, personaggio che dal punto di vista dell'estensione vocale e dello spessore teatrale, trova la cantante piacentina rispondere ottimamente. Di adeguata presenza vocale ed espressiva gli altri interpreti delle divinità dell'Olimpo, Gianluca Margheri (Giove), Raffaella Milanesi(Giunone) e Federico Sacchi (Nettuno).
Anicio Zorzi Giustiniani è un Telemaco perfetto e rodato dalla squisita musicalità, come pure ci hanno sorpreso le voci fresche ed imperturbabili di Gaia Petrone (Melanto/l’Humana fragilità) e di Alessio Tosi (Eurimaco).
Menzione speciale per l’Eumete di Luigi Morassi, bellissimo sulla scena ma bellissimo soprattutto per un canto reso tutto facile e spontaneo sia in estensione che negli accenti.
Enorme successo di pubblico che ha salutato tutti gli interpreti e la produzione con applausi convinti e sinceri.
Pierluigi Guadagni
LA PRODUZIONE E GLI INTEPRETI:
Tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti.
poesia di Giacomo Badoaro
musica di Claudio Monteverdi
Maestro concertatore e direttore, Ottavio Dantone
Regia, scene, luci e video, Luigi De Angelis;
Costumi e drammaturgia, Chiara Lagani;
Assistente regia Andrea Argentieri,
Progetto, Fanny & Alexander,
Orchestra, ACCADEMIA BIZANTINA,
Produzione Monteverdi Festival, Fondazione Teatro Ponchielli
Personaggi e Interpreti:
Ulisse Mauro Borgioni
Telemaco Anicio Zorzi Giustiniani
Penelope Delphine Galou
Iro Bruno Taddia
Il Tempo/Antinoo Roberto Lorenzi
Giunone Raffaella Milanesi
La Fortuna Vittoria Magnarello
Giove Gianluca Margheri
Nettuno Federico Domenico Eraldo Sacchi
Minerva Giuseppina Bridelli
Amore Paola Valentina Molinari
Anfinomo Francisco Fernandez Rueda
Pisandro Enrico Torre
Melanto/L’humana Fragilità Gaia Petrone
Eurimaco Alessio Tosi
Eumete Luigi Morassi
Ericlea Anna Bessi
Ph. Zovadelli
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