GALA DOMINGO – HARDING, ARENA DI VERONA, giovedì 15 agosto 2013, ore 22,00









Più che Gala 'Domingo-Harding', la serata speciale che ieri sera si è svolta in Arena a Verona poteva essere intitolata 'Domingo and Friends',  dal momento che il lungo concerto ha visto esibirsi sul palco, non solo il grande direttore artistico onorario del Festival, ma anche altri valenti compagni di viaggio che hanno regalato davvero momenti speciali ed emozionanti.
Un programma ricchissimo che ha visto naturalmente omaggiati i due grandi compositori celebrati quest’anno: Verdi e Wagner, con arie e sinfonie tratte dalle loro opere più acclamate e rappresentate. L’atmosfera amichevole e la bravura del cast hanno contribuito a regalare uno spettacolo molto applaudito.
Il palco è stato adornato semplicemente con due sfingi ai lati, ormai emblema dell’anfiteatro, mentre degli arbusti a fusto alto hanno incorniciato la buca dell’orchestra.

Il maestro Placido Domingo è parso in forma fisica ed ha cantato con grande partecipazione ed entusiasmo, trasmettendo la sua ormai proverbiale energia e passione. La sua verve interpretativa è sempre impressionante, si immerge con totale impegno nei ruoli che man mano interpreta, ora come tenore, per le arie di Wagner, con Parsifal e Die Walküre (Sigmund), ora come baritono, per Verdi, nella lunga sezione dedicata al Simon Boccanegra di cui è protagonista. Un Artista capace di reinventarsi ed accettare sempre nuove sfide. Ed il pubblico lo ha lungamente premiato ad ogni sua apparizione.

Ad accompagnare il grande Maestro, sul palco giovani e bravi artisti: il mezzosoprano Violeta Urmana ha aperto la serata subito dopo la Ouverture da La forza del destino, interpretando la principessa Eboli dal Don Carlo con ‘O Don fatale’. Successivamente ha messo in fila le difficili arie di Isolde ‘Liebestod, dal Tristan und Isolde, e da Die Walküre ‘Der Männer sippe’, l’aria di Sieglinde. Il suo strumento è ricco e pastoso, dalle tinte brunite che risaltano particolarmente nei ruoli proposti, e non manca la presenza scenica a condire copiosamente la sua performance.

L'elegantissimo soprano Susanna Branchini ha impersonato Elisabetta di Valois con la bellissima ‘Tu che le vanità’ dal Don Carlo,  e Amelia nei concertati dal Simon Boccanegra. La sua voce corre rotonda e calda nell’aria, e l'interprete si pone sul palco con tenacia e grande forza esecutiva, degna delle eroine a cui da' vita con grazia ed austerità.

Meraviglioso il tenore Francesco Meli, che ha colpito al cuore con la sua aria di Macduff dal Macbeth, e con il ruolo di Gabriele con l’aria "Oh inferno!...Amelia qui!’ dal Simon Boccanegra. L’intensità delle sue interpretazioni sono il giusto complemento di una voce melodiosa dalla pasta morbida, che si esalta nell’ottava acuta.

Bella sorpresa il soprano Evelyn Herlitzius, che ha tempra e voce da vendere. Presenza scenica, interpretazione e grinta in mostra con Wagner: da Tannhäuser l’aria di Elisabeth ‘Allmächt'ge Jungfrau‘, e dal Götterdämmerung l’aria di Brünnhilde ‘Starke Scheite schichtet mir dort’.

Il basso Vitalij Kowaljow possiede un timbro ruvido ed un piglio austero, in evidenza con ‘Leb wohl, du kühnes, herrliches Kind’, da Die Walküre.  Infine, insieme per il finale del III atto dal Simon Boccanegra, il Maestro Domingo con Branchini, Meli e  Kowaljow, e per il finale del I atto dallo stesso, si sono uniti ai colleghi i bravi  Davit Babayants e Gianluca Breda

L’orchestra dell’Arena è stata diretta dall’altro strepitoso protagonista del gala: Daniel Harding. Molto atteso a Verona, la sua fama non lo ha tradito. Il giovane direttore è stato il valore aggiunto della serata. Dotato di gran carisma, sul podio ha il piglio giusto ma non eccessivo di chi conosce il proprio mestiere: l’orchestra lo segue, fa suo il repertorio verdiano quanto quello wagneriano con estrema sensibilità. Presta attenzione ai dettagli, accarezza le note con sentimento e spinge ove il dramma incede. Ha in sintesi intessuto nota dopo nota un prezioso manto musicale, sul quale le caratteristiche di ogni protagonista hanno potuto emergere e farsi apprezzare.

Bene anche il coro preparato da Armando Tasso, che ha lodevolmente eseguito col giusto pathos sia ‘Patria oppressa’ dal Macbeth, che l’immancabile ‘Va pensiero’ dal Nabucco, nonché da I Lombardi alla Prima Crociata ‘O Signore, dal tetto natio’. Molto bella anche l’entrata nel ‘Nur eine Waffe taugt’ dal Parsifal, lieve e poi maestoso, con Domingo ad interpretare Parsifal.  

Vista la corposità del programma, si poteva far cominciare la serata anche al consueto orario delle 21,00, poiché non appena l’ultima nota è stata emessa, data l’ora molto tarda, un folto numero di presenti si è portato frettolosamente verso le uscite. Pertanto, costoro non hanno goduto del siparietto finale inscenato per il bis: il maestro Harding che intona il coro del Trovatore: ‘Vedi! Le fosche notturne spoglie’, e Placido Domingo che prende il posto del maestro sul podio, il quale si accomoda tra i violini primi, ‘costringendo’ il rimpiazzato ad accomodarsi fra i contrabbassi. Pubblico in estasi!   
Successo pieno per tutti, con tributi di affetto a Domingo, lungamente salutato ed acclamato. 

MTG













FOTO ENNEVI

RIGOLETTO, GIUSEPPE VERDI – ARENA DI VERONA, martedì 13 agosto 2013, ore 21,00






Penultimo titolo in programmazione al Festival del Centenario, Rigoletto completa la trilogia popolare in Arena a Verona, dopo Traviata e Trovatore. In quest’Opera dalle tinte fosche, il riso beffardo del giullare di corte non è altro che la maschera di un uomo che non ha nulla, se non l’amore per la figlia come impagabil tesor. Essere costretto a far divertire una razza vile e dannata, fingere di essere allegro quando in seno cresce una serpe che consuma e logora la mente, è un destino che porta quasi sempre a colpire se stessi o gli affetti più cari. Il ruolo di Gilda, l’adorata figlia del deforme protagonista, non è solo quello di una fanciulla indifesa che viene ingannata dall’uomo che tanto ama, ma è anche l’immagine di una figura femminile con la propria dignità, una eroina che non può permettere si compia un delitto atroce né nei confronti dell’amato, né di chiunque altro. Si immola essa stessa, lasciando il genitore nello strazio più totale.

Ed ecco che nella collaudata regia di Ivo Guerra, grazie alle scene di Raffaele Del Savio ed agli splendidi costumi di Carla Galleri,  possiamo immergerci in tutte queste sensazioni. Lo sfarzo del primo atto, con la corte di Mantova in grande spolvero, il palazzo del Duca riccamente allestito, uno splendido balletto di tritoni e sirene ad allietare gli astanti, lascia presto il posto alla silenziosa piazza antistante la casa di Rigoletto in un’atmosfera decisamente più contenuta, ove si susseguono il duetto d’amore ed il rapimento subito dopo. Ancora, nel secondo atto, una splendida scalinata con arco centrale fa da sfondo alle confidenze della fanciulla oltraggiata ed alla successiva tanto invocata tremenda vendetta. Infine, ultimo atto nella foschia, con in primo piano la locanda di Sparafucile e sua sorella sulla destra del palco. Padre e figlia arrivano su di una barca ed assistono alle prodezze del Duca da dietro una rete eretta a mo’ di separé poco distante dall’ingresso della locanda stessa. Imponente e sempre presente sin dall’inizio, il castello di Mantova in lontananza. Una scenografia tradizionale che costituisce una garanzia di successo evergreen.

Se è ovvio che il cardine di tutta la vicenda è il vecchio gobbo maledetto, ancora di più lo è con il protagonista della serata, un Leo Nucci che ancora una volta mostra di avere sempre tantissime cartucce da sparare, mettendo a segno un colpo dopo l’altro. Il suo Rigoletto è un uomo ‘vissuto’, che riesce ad equilibrare e rendere credibile, sia il buffone sprezzante che non teme i cortigiani, sia il padre fin troppo adorante della propria figlia, e pertanto drammaticamente sopraffatto dagli eventi. È l’indiscusso re della scena su cui si muove agilmente, canta senza risparmio un ruolo fortemente suo, ipnotizzando il pubblico con ‘Cortigiani, vil razza dannata’, e conquistandolo definitivamente con l’immancabile bis della ‘Vendetta’.  

Splendida sorpresa della serata, il debutto in Arena della giovane Olga Peretyatko nei panni di Gilda. L’interprete coglie il senso della vicenda con sensibilità e passione. Il suo incedere lieve ma deciso, la sua espressività, unitamente ad una voce uniforme in tutta la gamma, dalla pasta soavemente acuta, sì da riecheggiare come un usignolo tra i boschi, ne decretano un successo pieno.

Molto adatto alla parte il tenore Saimir Pirgu, è un Duca affascinante e interessante. L’interprete ha messo in luce il lato passionale del personaggio, risultando convincente soprattutto nel duetto con Gilda e nell’aria ‘Ella mi fu rapita!’. La sua voce sale molto in alto e si sfoga a pieno con l’applauditissima ‘La donna è mobile’, che non è stata bissata nonostante le richieste, evidentemente per motivi di tempo.
Altra piacevole sorpresa lo Sparafucile di Andrea Mastroni: la facilità con cui si sofferma sulle note profondamente gravi, grazie al suo strumento bruno e dai toni quasi misteriosi, rende decisamente credibile l’interpretazione.

Sua sorella Maddalena è una ormai avvezza al ruolo Anna Malavasi. Il suo temperamento e la voce corposa trovano un buon adattamento a questo ruolo, rendendo nel complesso positiva la sua prova.
Bella voce piena per il Monterone di Abramo Rosalen, anche ben interpretato, e la Giovanna di Milena Josipovic , eseguita correttamente. Bene anche la resa interpretativa dei ruoli di Matteo Borsa e del Conte di Ceprano, rispettivamente Saverio Fiore e Dario Giorgelè, nonché di Marullo, Marco Camastra. Completano il cast Francesca Micarelli , Victor Garcia Sierra e  Irene Favro, alias la Contessa di Ceprano, l’usciere di corte ed il paggio della contessa.

A capo dell’Orchestra veronese debutta dopo il gala verdiano il Maestro Riccardo Frizza. La sua lettura dello spartito è attenta e priva di eccessi, con una sottolineatura dei momenti drammatici, ma senza appesantire l’organico.
Il Coro diretto da Armando Tasso ha un bell’impasto vocale e si trova decisamente più a suo agio quando non è costretto a cantare in gruppi distanti sull’immenso palco dell’anfiteatro.

Ancora una serata decisamente d'atmosfera, un successo pieno per tutti, con ovazioni per Nucci, Peretyatko, Frizza.

LA PRODUZIONE

Direttore d'orchestra
Riccardo Frizza
Regia
Ivo Guerra
Scene
Raffaele Del Savio
Costumi
Direttore del coro
Carla Galleri
Armando Tasso


GLI INTERPRETI

Il Duca di Mantova
Saimir Pirgu
Rigoletto
Leo Nucci
Gilda
Olga Peretyatko
Sparafucile
Andrea Mastroni
Maddalena
Anna Malavasi
Giovanna
Milena Josipovic
Il Conte di Monterone
Abramo Rosalen
Marullo
Marco Camastra
Matteo Borsa
Saverio Fiore
Il Conte di Ceprano
Dario Giorgelè
La Contessa di Ceprano
Francesca Micarelli
Un usciere di corte
Victor Garcia Sierra
Un paggio della duchessa
Irene Favro


ORCHESTRA, CORO E TECNICI DELL’ARENA DI VERONA








Foto Brenzoni

UN BALLO IN MASCHERA – GIUSEPPE VERDI, TEATRO ALLA SCALA , MILANO, 22 luglio 2013, ore 20.00


“Trasvolai nel manto serrato,
Così che m'han preso per un dell'agguato,
E intesi taluno proromper: L'ho visto,
È il sire; un'ignota beltade è con esso.
Poi altri qui volto: Fuggevole acquisto!
S'ei rade la fossa, se il tenero amplesso
Troncar di mia mano repente saprò. “

Nuova produzione del Teatro alla Scala, questo Ballo in Maschera verdiano ce lo ricorderemo per parecchio tempo....
Capolavoro di perfetta ambiguità ed equilibrio, perennemente in bilico tra commedia e tragedia, tra seicento e settecento, tra America ed Inghilterra, il capolavoro Verdiano è la sintesi completa di come il gioco delle parti a volte non sempre riesca come si vorrebbe.
E a trarre le fila di questo gioco delle parti è stato chiamato nel teatro meneghino, Damiano Michieletto, talentuoso regista veneziano che più volte ci ha regalato momenti di vero godimento visivo e intellettivo, in altre produzioni, in altri teatri.
Per il Teatro alla Scala, avvalendosi delle tecnicissime scene di Paolo Fantin e dei volutamente anonimi costumi anni novanta di Carla Teti, Michieletto ha pensato ad un Ballo in Maschera marcatamente provocatore, ideato su una concettualità di base che vede l'azione trasportata in una America di Nixoniana o Reganiana memoria, e in effetti più volte durante la recita sembrava di assistere ad una recita di 'Nixon in China' piuttosto che al Ballo in Maschera Verdiano.
L' idea di Michieletto non disturba l'azione, anzi molto spesso la valorizza e la rende molto interessante, il fatto stesso di attualizzarla e contestualizzarla in scene che oggi ci appaiono di frequente e in ambienti scenografici a noi comuni, risulta intellettualmente un gioco stimolante e che paga sotto il profilo della curiosità e dell'interesse al rinnovare un libretto già di suo perfetto.
L' unico problema della produzione intellettiva di Michieletto è però un altro: sa già di vecchio e di già visto.
Potrei citare così a memoria le produzioni di Pizzi a Piacenza o di De Tomasi a Fidenza qualche anno fa, dove già allora vedemmo un' Ulrica santona o imbonitrice televisiva e un Riccardo politico americano, e ancora il Riccardo politico con Oscar segretarioa a Berlino per la regia di Morabito, oppure le puttane sul cavalcavia che si menano del Parsifal di Bieito, per non parlare delle sagome della scena finale già viste e riviste in numerose produzioni di Lehnohff o di Kusej.
Michieletto comunque ci mette del suo e alla fine porta a casa uno spettacolo interessante ma non memorabile.

La produzione musicale vedeva sul podio del Piermarini Daniele Rustioni.
Affidare ad un ragazzo, seppur talentuoso, una partitura piena di insidie e di richieste di massimo studio e maturità come quella del Ballo verdiano, credo non sia stata una scelta felicissima da parte del Teatro alla Scala.
Rustioni ci presenta una concertazione legata alla più frusta tradizione, appesantita però da una completa mancanza di un'idea, di un brivido, di un'emozione.
L'orchestra della Scala ci mette del suo, risultando spesso svogliata e imprecisa, negli assiemi come nelle scelte agogiche spesso pericolosamente al limite della tenuta d'assieme.

Precisa e volenterosa la prova del coro guidato da Bruno Casoni.
Amelia era Sondra Radvanosky.
La cantante americana possiede un organo vocale potentissimo, di una tenuta esemplare, con acuti precisi e sicuri. Riuscisse a regalarci qualche modulazione dinamica, e una dizione più precisa, risulterebbe un' Amelia validissima. Prova comunque di alto livello.

Marcelo Alvarezera Riccardo.
Generosissimo cantante, Alvarez non si risparmia per tutta la recita, tratteggiando un Riccardo spavaldo e gigione (forse troppo a volte). Voce calda e suadente quella del tenore argentino che pecca a volte solamente per qualche attacco eccessivamente scoperto o per un fraseggio non proprio esemplare.

Zeljko Lucic era Renato.
Il baritono serbo, probabilmente terrorizzato dal clima in sala, ha fatto una recita in divenire.
Sfocato e spinto nel canto di conversazione nel primo atto, nel secondo e terzo atto si risolleva regalandoci un “Eri tu” encomiabile per finezza e interpretazione.

Ulrica era Marianne Cornetti.
Artista completa e precisa, la Cornetti incesella un'esecuzione da manuale, nonostante i segni del tempo comincino a farsi sentire e la sua salita alla parte superiore del rigo musicale risulti faticosa, la Signora Cornetti è e rimane una grande artista.

Serena Gamberoniera Oscar, e ci regala un Oscar  preciso e bello, avallato da una voce baciata dalla natura sicura e chiarissima, degna allieva della sua compianta maestra Alida Ferrarini dalla quale ha imparato sicuramente il fraseggio pulitissimo e una tecnica formidabile.
Forse complice la gravidanza, il caldo opprimente di questi giorni e la soporifera direzione di Rustioni, qualche volta è risultata sfasata negli assiemi e in qualche battuta nel tremendo concertato finale della scena quarta del terzo atto, ma la sua rimane una prova comunque maiuscola.

Precisi e bravi il Samuel di Fernando Rado e il Tom di Simon Lim.
Sprecata per una parte cosi piccola la bellissima voce di Alessio Arduini come Silvano, ci auguriamo di sentirlo presto in altri ben più impegnativi ruoli.
Corretti il giudice di Andrej Glowienka e il servo di Amelia di Giuseppe Bellanca.

Applausi convinti per tutti e qualche contestazione per Rustioni.

Pierluigi Guadagni

LA PRODUZIONE

Direttore        Daniele Rustioni
Regia              Damiano Michieletto
Scene              Paolo Fantin
Costumi         Carla Teti
Luci                Alessandro Carletti

GLI INTERPRETI

Riccardo        Marcelo Álvarez
Renato           Zeljko Lucic
Amelia            Sondra Radvanovsky

Ulrica             Marianne Cornetti
Oscar              Serena Gamberoni
Silvano           Alessio Arduini
Samuel           Fernando Rado
Tom                Simon Lim
Un giudice     Andrzej Glowienka
Un servo        Giuseppe Bellanca

d’Amelia


AIDA, GIUSEPPE VERDI – ARENA DI VERONA, domenica 14 luglio 2013, ore 21,15







Immaginate di far parte di una squadra di archeologi che stia effettuando degli scavi in Egitto. Finalmente dopo tanto duro lavoro una magnifica scultura appartenente all’epoca millenaria affiora alla superficie e quindi vi apprestate a spedire il sorprendente ritrovamento al museo di destinazione, in questo caso niente meno che il British di Londra. Quanti pensieri affollano la vostra mente: a chi sarà mai appartenuta quest’opera mastodontica, cosa sarà accaduto a quelle persone, come vivevano, quali storie avrebbero da raccontare? Poi cominciate ad immaginare i loro volti, le loro imprese, e vedere le vicende della principessa etiope Aida e del suo sfortunato amore per Radamès, capitano delle guardie del faraone, materializzarsi sotto i vostri occhi..

Ecco come inizia questa spettacolare produzione di Aida affidata al team catalano La Fura dels Baus, con regia di  Carlus Padrissa e Àlex Ollé. Per celebrare il centenario del festival areniano, nonché il bicentenario verdiano, la Fondazione Arena di Verona ha pensato ad un allestimento avveniristico da affiancare all’edizione che rievoca la prima del 1913, anch’essa in cartellone quest’anno, così da accontentare tutti i gusti.

Una produzione di grande effetto che impressiona lo spettatore dall’inizio alla fine, il quale deve necessariamente osservare a tuttotondo il palco e le gradinate, per non perdere le innumerevoli azioni che avvengono contemporaneamente alla scena principale.

Subito evidente il contrasto tra l’Egitto antico cui si riferisce la storia dell’opera e la proiezione degli eventi nel futuro, grazie alla maestosa scenografia di Roland Olbeter. Molti sono gli elementi interessanti di questa messa in scena.

Sul palco la gru che solleva i reperti nell’incipit, nel secondo atto diventa una centrale solare che viene costruita durante la scena del trionfo: la moderna costruzione fonte di luce è il richiamo all’antico dio egizio Ra, il dio-sole, quindi simbolo di grandezza e di potenza, come appunto enorme e potente è la centrale che produce energia. Ma l’energia è anche fonte di vita e di speranza per il futuro.
Molto suggestivo anche il gioco di ombre nella scena precedente proiettate sopra un telo piramidale, a sfondo dell’appartamento di Amneris intenta a prepararsi con le sue schiave per la festa del trionfo. E di grande effetto è sicuramente la presenza dell’acqua in scena, per rappresentare il Nilo nel terzo atto, ove i protagonisti si muovono circondati da coccodrilli di gomma animati che si aggirano minacciosi. Luci notturne invadono l'ambiente e rendono quasi sognante l'atmosfera. Molto commuovente il finale in cui il nucleo della centrale solare, ora tramutato in fatal pietra,  diventa simbolo di morte e si cala piano sui due sventurati, per custodirli per sempre, mentre Amneris continua a pregare troneggiando sul dorso della struttura stessa.

Non mancano certamente gli animali in scena, un classico per eccellenza, ma in questo caso elefanti, cavalli e cammelli sono completamente meccanici. Infine, i ricchi costumi di Chu Uroz, che per foggia ricordano la tradizione, sono invece realizzati con materiali avveniristici, tessuti leggerissimi che sembrano impalpabili. Quelli dei ballerini invece, sembrano delle tute spaziali, all’apparenza funzionali alle acrobazie richieste dalla coreografa Valentina  Carrasco. Va sicuramente riconosciuto grande merito agli effetti di luce realizzati da Paolo Mazzon che, con i diversi chiaro – scuro e le varie sfumature di colore, contribuiscono non poco a dare ora atmosfere di grande festa, ora di mistero, ora di intenso pathos, ai vari momenti della narrazione.
Insomma una messa in scena che a nostro avviso offre spunti nuovi ogni volta che la si guarda.

Dal punto di vista musicale una serata davvero positiva.

Maria Josè Siri è un’Aida che non si risparmia mai, interpreta con cuore e passione il suo personaggio, con ottima dizione e mostrando una voce piena, dal bellissimo colore, veramente in forma, che si muove con scioltezza in tutta la sua gamma.

Altrettanto convincente il Radamès di Jorge de León:, passionale come guerriero e dolce come amante, la sua voce acuta si lancia senza paura avanti nello spazio areniano, con sicurezza anche nei passaggi più temuti. La sua soave ‘Celeste Aida’ ottiene plauso ed ammirazione.

Grande carattere anche la Amneris di Elena Gabouri, che ha uno strumento davvero impressionante: potente, incisivo, corposo. Il mezzosoprano entra nel personaggio senza sbagliare un colpo. Piccolo neo la pronuncia dell’italiano che andrebbe perfezionata.
Gran bella voce Vitalij Kowaljow, che da' vita al Gran Sacerdote Ramfis col giusto piglio e mostrando precisione anche nell’emissione vocale.

Il Re è interpretato da Carlo Cigni,  non particolarmente incisivo, ma corretto nell’esecuzione e dotato anch’esso di uno strumento interessante.
In buona serata anche Andrzej Dobber, che si trova a suo agio nel ruolo del fiero Amonasro, sia vocalmente che scenicamente.
Bene nei brevi ruoli di messaggero e sacerdotessa  Riccardo Botta ed  Elena Rossi.                                                                              
Molto suggestivi i balletti del corpo di ballo dell’Arena, ben elaborati ed emozionanti, persino funambolici.
Il coro di Armando Tasso ha offerto una buona prova entrando anche con buona presenza nella messa in scena.  

L’orchestra è guidata da un impetuoso Omer Meir Wellber. Il Maestro impone ritmi concitati con piglio brioso e dando molto anche fisicamente. Dirige a memoria il capolavoro verdiano senza mai titubare, con l’orchestra sempre in pugno, che ha dovuto veramente marciare per seguire il suo passo. 

Sicuramente un'edizione che farà parlare a lungo di sé, ma che comunque non tradisce la centralità dei personaggi, delle loro emozioni, delle loro vite.
MTG



LA PRODUZIONE

Direttore d'orchestra
Omer Meir Wellber
Regia di
Carlus Padrissa e Alex Ollé / La Fura dels Baus
Scene
Roland Olbeter
Assistente alla regia / Coreografa
Valentina  Carrasco
Costumi
Chu Uroz
Lighting designer
Direttore Corpo di ballo
Direttore del coro
Paolo Mazzon
Maria Grazia Garofoli
Armando Tasso


GLI INTERPRETI

Il Re
Carlo Cigni
Amneris
Elena Gabouri
Aida
Maria Josè Siri
Radames
Jorge de León
Ramfis
Vitalij Kowaljow
Amonasro
Andrzej Dobber
Sacerdotessa
Elena Rossi
Un messaggero
Riccardo Botta


Orchestra, coro, corpo di ballo e tecnici dell'Arena di Verona
Direttore allestimenti scenici  Giuseppe De Filippi Venezia











Foto Ennevi

IL TROVATORE , GIUSEPPE VERDI – ARENA DI VERONA, sabato 6 luglio 2013, ore 21, 15







Chi si appresta a varcare la soglia dell’Arena di Verona per la prima volta per assistere ad una rappresentazione operistica, indubbiamente resta incantato nel trovarsi di fronte ad un allestimento di tale imponenza, che porta la firma di Franco Zeffirelli. Anche chi ha avuto la fortuna di assistere a questo Trovatore già nelle sue passate edizioni, dal 2001 e poi in successive riprese fino ad oggi, trova sempre nuovi spunti per restarne affascinato. Ogni volta il regista toscano ama stupire il suo pubblico con elementi dal forte impatto visivo: due monumentali sculture di guerrieri sono poste ai lati del palcoscenico, coloratissime masse di gente affollano le scene, brillanti balletti animano la narrazione in più punti, e non mancano animali in carne ed ossa che contribuiscono a far restare di stucco chi guarda. Quasi come trovarsi a Cinecittà.

Sullo sfondo vi sono tre torri che vengono magnificamente illuminate con colori e sfumature diversi, a sottolineare l’intensità dei differenti momenti della rappresentazione, circondate da un suolo fatto di pietra. Meravigliosa l’apertura della torre centrale nel secondo atto, che svela una cappella barocca riccamente decorata, con tanto di enorme crocifisso al centro. Arricchiscono questa magnifica scenografia i costumi di Raimonda Gaetani, bellissimi e sgargianti. Il punto focale delle vicende in atto è indubbiamente la ‘pira’, terrore e destino dei protagonisti, per un’opera ‘fiammeggiante’, come lo erano gli animi risorgimentali degli italiani quando fu scritta da Giuseppe Verdi nel 1853.

Ma sono soprattutto le passioni eterne che infiammano gli uomini e che qui sono esemplificate in modo chiarissimo dai personaggi che Verdi tratteggia con maestria insieme al librettista Salvadore Cammarano innanzitutto, e a Leone Emanuele Bardare successivamente dopo la scomparsa del primo. Manrico e il Conte di Luna ardono di passione per la dolce Leonora, che passa dai sogni romantici col suo trovatore, all’idea di entrare in convento, per poi tornare a sperare di coronare il suo sogno ed infine togliersi addirittura la vita, nel tentativo di salvare il suo amato tratto in ceppi e sfuggire al suo odiato rivale. Passione e desiderio di vendetta ispirano soprattutto il personaggio forse più caratteristico dell’opera: Azucena, la strega orribile ma dal cuore trafitto di figlia e madre che grida vendetta, prontamente ottenuta nel più crudele dei giochi del destino, con la morte del protagonista per mano del suo vero fratello!

Una trama così intricata e passionale necessita anche un cast che possa offrire una interpretazione decisamente ‘accorata’.

Carlo Ventre è un Manrico fiero e fervente. Il suo trovatore è di carattere, con una pronuncia molto buona. Un po’ fisso sulla scena, mostra però di saper far suo il personaggio con voce soprattutto potente che corre via senza esitazione.

Hui He è una dolcissima Leonora. Molto più a suo agio nelle arie di sentimento, offre un fraseggio buono e colpisce con i suoi filati sottilissimi e precisi. La sua interpretazione si fa più convincente soprattutto dalla seconda parte della serata. Con una splendida ‘D’amor sull’ali rosee’ il soprano mostra di che pasta è fatto.

Dare volto e movenze alla enigmatica e misteriosa Azucena è veramente impresa titanica ed Anna Smirnovace la mette tutta nell’interpretare questo ruolo. Non sempre la sua voce sa accompagnare ciò che il gesto mostra; ha sì un colore interessante, ma a nostro avviso non troppo adatto a questo ruolo. L'interprete dunque si costringe ad alcune forzature che inficiano la resa canora complessiva.

Artur Rucinski è davvero uno splendido Conte di Luna. La presenza scenica e le doti attoriali sono notevoli. Grazie anche al bellissimo timbro vocale, il baritono interpreta il suo personaggio con giusto slancio e precisione; notevole su tutto l’esecuzione dell’aria ‘Il balen del suo sorriso’, eseguita con grande intensità.

Roberto Tagliavini interpreta un buon Ferrando sia per vocalità che presenza scenica. Completano il cast Elena Borin, Paolo Antognetti, Victor Garcia Sierra, e Cristiano Oliviericon la loro buona interpretazione dei rispettivi ruoli di Ines, Ruiz, un vecchio zingaro, ed un messo.
L’orchestra dell’Arena di Verona è guidata da  Giuliano Carella. Il maestro dona una impronta di carattere anche alla conduzione musicale, con ritmi piuttosto sostenuti, come se il fuoco ardesse nelle note stesse, talvolta anche a scapito del contatto con il palco. Mostra un maggior feeling con i musicisti in buca seguendoli con gesto molto ampio ed inequivocabile.

Bene il coro di Armando Tasso, mentre i balletti sono stati eseguiti dal corpo di ballo areniano in collaborazione con la compagnia spagnola El Camborio nella coreografia ripresa da Lucia Real.

Molti applausi per tutti i protagonisti in una serata davvero ‘calda’ in tutti i sensi, di questa estate veronese.

MTG


   LA PRODUZIONE

Direttore d'orchestra
Giuliano Carella
Regia e scene
Franco Zeffirelli
Costumi
Raimonda Gaetani
Coreografia
El Camborio ripresa da Lucia Real
Maestro d'armi
Renzo Musumeci Greco


GLI INTERPRETI


Il Conte di Luna
Artur Rucinski
Leonora
Hui He
Azucena
Anna Smirnova
Manrico
Carlo Ventre
Ferrando
Roberto Tagliavini
Ines
Elena Borin
Ruiz
Paolo Antognetti
Un vecchio zingaro
Victor Garcia Sierra
Un messo
Cristiano Olivieri

 ORCHESTRA, CORO, CORPO DI BALLO E TECNICI E DELL'ARENA DI VERONA
 Balletto spagnolo El Camborio - Lucia Real








Foto Ennevi

XX EDIZIONE PREMIO GIUSEPPE LUGO – PARCO DI VILLA VENTO, CUSTOZA (VR), martedì 2 luglio 2013, ore 21,00


Nel 1994 si costituiva, grazie alla volontà del Commendatore Giuseppe Pezzini, il comitato Giuseppe Lugo, in onore del grandissimo tenore di Rosolotti – Sona (VR), che ha contribuito a fare grande la storia della lirica italiana nel mondo. In quella che fu la sua splendida dimora di Custoza, Villa Vento, si è tenuto il concerto in memoria del grande artista, per assegnare, come da già ben venti anni a questa parte, l’ambito premio alla carriera ad un artista che, come fece il tenore, in questi anni ha portato alto il nome della musica italiana ovunque 

Il premio vanta anche la collaborazione della Fondazione Arena di Verona, dell’Accademia Filarmonica, della Regione Veneto, della Provincia di Verona, del Comune di Sommacampagna e della Proloco di Custoza.

In passato sono stati premiati cantanti del calibro di  Domingo, Carreras, Corelli, Di Stefano, per citarne solo alcuni. Quest’anno, il comitato giudicante, composto dallo stesso Commendator Pezzini, dal soprano Magda Olivero, e dal soprano Adriana Lazzarini, ha assegnato il riconoscimento al tenore Celso Albelo, che insieme ai colleghi Linda Campanella, Rossana Rinaldi, Bruno de Simone e Romano dal Zovo, hanno offerto una serata piacevole di bella musica e ricordi.

In apertura, un omaggio alla compianta Alida Ferrarini, scomparsa in questi giorni, e che fu premiata in questa cornice per la sua folgorante carriera nell’anno 2001: l'ascolto di un estratto dall’aria di Rigoletto ‘Caro nome’ che il soprano soleva cantare come un angelo.

Il programma del concerto è stato ampio e molto variegato: dai capolavori di Rossini e Donizetti si è passati naturalmente a Verdi, e non sono mancati nomi internazionali quali Strauss ed Offenbach.

Linda Campanella ha aperto il concerto con la difficile aria  ‘Frühlingsstimmen’ di Strauss, che ha messo in evidenza innanzitutto il colore limpido e melodioso della sua voce. Il soprano non si è risparmiato nei virtuosismi risolti grazie a tecnica ed esperienza. Delicato il duetto ‘Barcarola’ da ‘Les contes d’Hoffmann’di Offenbach, con la collega Rinaldi, e molto divertente, anche per interpretazione e feeling con il baritono De Simone, l’aria ‘Signorina, in tanta fretta’ da Don Pasquale di Donizetti. Col tenore premiato ha entusiasmato grazie all’aria ‘Una parola, Adina’, dall’ Elisir donizettiano, e molto bene è riuscita a superare le impervie agilità di ‘Ardon gli incensi’ da Lucia di Lammermoor, ancora di Donizetti.

Rossana Rinaldi ha interpretato l’aria ‘Mon coeur’ da Samson et Dalila di Saint –Saens, ‘O mio Fernando’ da ‘La Favorita’ di Donizetti,  ‘Là ci darem la mano’ da Don Giovanni di Mozart con dal Zovo. Se naturalmente più dimesso è il tono per interpretare Saint –Saens, la sua voce calda e coinvolgente da mezzosoprano si apre grazie all’impegnativa aria di Donizetti, e risulta sognante con l’aria di Mozart insieme al basso. Molto buono il feeling vocale con il soprano nell’aria di Offenbach, come detto prima.

Bruno de Simone ha allietato ed arricchito le esecuzioni in duetto con i colleghi, mettendo in evidenza che oltre al canto serve anche tanto ‘mestiere’ sul palco, e di sicuro dopo tanti anni ne ha da vendere. Anche nell’aria ‘Sia qualunque delle figlie’ dalla Cenerentola di Rossini, è soprattutto la sua recitazione a convincere e divertire.

Altro ospite della serata il basso Romano dal Zovo: il materiale di cui dispone è dal bel colore, mostra ancora qualche immaturità nell’emissione vocale che avrà sicuramente il tempo di perfezionare, stesso dicasi per quanto riguarda la presenza scenica visti i ruoli scelti. Per lui, oltre al duetto citato, l’aria ‘Il lacerato spirito’ da Simon Boccanegra e ‘Vieni o Levita’ da Nabucco, entrambi di Verdi.

Non poteva esimersi dal cantare il premiato Celso Albelo. La limpidezza della sua voce tenorile, acuta e vellutata, è ben nota. Esegue con nonchalance la celeberrima ‘La donna è mobile’ dal Rigoletto verdiano, più due duetti dall’Elisir d’amore di Donizetti. Mostra un’ottima dizione e possiede grandi doti attoriali, in particolar modo mostrate in quest’opera, interpretata sia col soprano come detto, che insieme al baritono De Simone, nella spassosa aria ‘Dottore, perdonate’. I due ruoli di Nemorino e Dulcamara sembrano tessuti su misura per questi due artisti.
Bis della Canzone del Vento come da tradizione a fine concerto.

Con la solita perizia tecnica e di ottima accompagnatrice, il Maestro Patrizia Quarta ha guidato gli artisti per tutta la serata col suo pianoforte, insieme al bravissimo presentatore Davide Da Como della Fondazione Arena di Verona.
Appuntamento all’anno prossimo!
MTG



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VIVA VERDI – VICENZA, PIAZZA DEI SIGNORI, lunedì 1 luglio 2013, ore 21,00


La nona edizione del concerto dedicato a Giuseppe Verdi non poteva cadere più che a fagiolo nell’anno del bicentenario dalla nascita del nostro musicista più acclamato al mondo. Lo spettacolo si è svolto in una gremitissima Piazza dei Signori, con la Basilica Palladiana, la Loggia del Capitaniato ed i suoi splendidi palazzi a farne da palcoscenico naturale.   Le quattro voci che coprono tutti i registri si sono alternate in un pot-pourri di arie verdiane per tre ore abbondanti di emozioni. La forza del destino , con la sua celebre sinfonia, l’Oberto, il Falstaff, l’Aida, Un ballo in maschera, Don Carlo, Rigoletto, Il Trovatore, La Traviata, e non poteva mancare il coro del Nabucco. A nostro avviso non c’era certo bisogno dei microfoni disposti sul palcoscenico, che tendono ad appiattire certi effetti ed esagerare talaltri.

Ancora una prova superlativa e di gran classe per Silvia dalla Benetta. Il soprano ha eseguito arie diversissime tra loro mostrando la sua perizia tecnica e partecipazione emotiva. Si muove in tutta la gamma del suo registro senza alcun indugio, con voce sicura e potente, che certamente non ha bisogno dei microfoni presenti sul palco. La sua voce corre via in tutta la piazza con acuti perfetti, filati delicatissimi, come ad esempio in ‘Caro nome’ (Rigoletto), e con una dolcezza che coccola le orecchie. Il suo cavallo di battaglia ‘E’ strano…sempre libera’ (Traviata) consacra il successo della sua esibizione. 

Ad interpretare invece le  difficilissime arie da mezzosoprano Victoria Lyamina. Purtroppo la cantante non è riuscita a regalare le emozioni che ci si poteva aspettare da arie che lasciano sempre col fiato sospeso, come 'Oh, Don fatale' (Don Carlo) o 'Stride la vampa' (Trovatore). Pur possedendo un bel timbro vocale, il suo fraseggio è approssimativo, spesso è a corto di fiato, la posizione della bocca è sbagliata e soprattutto le vocali sono troppo aperte e poco eleganti. Gli acuti sono forzati ed è estremamente evidente anche il passaggio di registro.

Poderoso il fronte maschile con due cavalli di razza.
Rudy Park è un tenore ormai noto per il suo strumento ricco, dal bellissimo colore e che si presta anche ad ampi spazi all’aperto. Certo risulta più adatto ai ruoli battaglieri che a quelli da romantico rubacuori, ma il tenore sta cominciando a modulare anche i diversi suoni per sottolineare col giusto accento i vari personaggi che si appresta ad interpretare. Notevoli la sua 'Celeste Aida' e ' Di quella pira' (Trovatore). Molto gradito il brindisi da Traviata col soprano Dalla Benetta. 

Molto interessante anche la voce baritonale di Ivan Inverardi. Il colore è molto bello, potente e corposo il suo timbro. Tende un po’ ad esagerare negli atteggiamenti quando le arie entrano nel  culmine, ma la resa complessiva delle sue esecuzioni è pregevole e di notevole effetto, come ha mostrato in 'Di provenza il mare, il suol' (Traviata) o in 'Cortigiani, vil razza dannata' (Rigoletto).

La piacevole serata è stata brillantemente accompagnata dal coro e dall’Orchestra di Vicenza, che  raccoglie anche elementi della OTO, diretti dall’esperienza e passionalità del Maestro Giuliano Fracasso, che ha mostrato di amare e ‘sentire’ Verdi in particolar modo ieri sera.
Applausi e tanta serenità per tutti i presenti.

MTG


NABUCCO, GIUSEPPE VERDI – ARENA DI VERONA, sabato 29 giugno 2013, ore 21,15.




L’allestimento del Nabucco che viene proposto quest’anno all'Arena di Verona è datato anni novanta, firmato dallo storico regista Gianfranco de Bosio. Un classico nel vero senso della parola sia per stile che per significati proposti. La centralità dei due popoli ebraico e babilonese a confronto,  sullo sfondo del tempio ebraico di Gerusalemme, e successivamente la torre di Babele, che viene distrutta con un effetto scenico che consiste in una grande esplosione. Il tutto condito con una certa solennità di atmosfere, sottolineata anche dagli effetti di luce. Di grande impatto sicuramente le scene di Rinaldo Olivieri, che ha posto in essere ciò che allora De Bosio aveva concepito per quest’opera. Un allestimento così bello ed imponente però dopo tanti anni poteva anche essere leggermente svecchiato, soprattutto nei movimenti scenici che sono risultati un po’ troppo statici in generale, ed il ritmo degli avvicendamenti in scena ne ha risentito in più parti.

Il cast della serata ha visto esibirsi bellissime voci, con qualche incertezza per alcuni interpreti.

Il ruolo del protagonista è affidato ad Ambrogio Maestri. Si rivela sempre essere un grande artista per tenuta sulla scena e per temperamento. Il colore della sua voce è ricco e molto bello. Tuttavia mostra un certo affaticamento nella resa vocale su alcuni passaggi, tendendo poi a sfogare troppo eccessivamente sugli acuti.

Un magnifico Ismaele è interpretato da  Stefano Secco. La sua voce ha un bellissimo colore, chiaro, limpido e canta con disinvoltura e precisione su tutta la gamma del suo registro.

Altra interprete dalla notevole presenza scenica è la perfida Abigaille impersonata da Tiziana Caruso. Il giovane soprano offre una voce molto potente, robusta e raffinata allo stesso tempo: molto affascinante. Centra la sua esecuzione entrando nella parte con crescente carisma e personalità.

La sua antagonista è  Anna Malavasinei panni di Fenena. Buona la sua immedesimazione nel personaggio, la sua voce si esprime al meglio quando si trova nella gamma più alta, mentre tende ad incupirsi nei toni medio – bassi, leggermente forzando la sua natura tendenzialmente più acuta.

Sicuro ed indomabile lo Zaccaria di Carlo Colombara. Il suo carisma gli consente di centrare una interpretazione autoritaria e convincente, grazie anche alla sua voce profonda e ben assestata nella sua emissione.
Carlo Bosisi fa apprezzare anche se per un ruolo breve, Abdallo, grazie al suo spirito interpretativo ed alla sua voce molto melodica che ci piacerebbe sentire anche in altri ruoli.
Infine Francesco Palmieri è il Gran Sacerdote di Belo, mentre Anna è Maria Letizia Grosselli.

L’Orchestra dell’Arena di Verona non è parsa nella sua migliore forma. Nelle intenzioni di Julian Kovatchevla volontà di imprimere ritmi più sostenuti, per donare più carattere ad una messa in scena piuttosto lenta, ma in diversi punti si è notato il conseguente distacco dal palcoscenico, e talvolta dall’operato del pur bravo coro diretto da  Armando Tasso.

Il pubblico ha come ormai di prassi richiesto il bis del ‘Va pensiero’, prontamente accontentato, tributando al termine della rappresentazione moltissimi applausi a tutti i protagonisti, in particolar modo Caruso e Secco. Apprezzamenti anche per Kovatchev.
MTG


LA PRODUZIONE

Direttore d'orchestra
Julian Kovatchev
Regia
Gianfranco de Bosio
Scene
Direttore del coro
Rinaldo Olivieri
Armando Tasso


GLI INTERPRETI
Nabucco
Ambrogio Maestri
Ismaele
Stefano Secco
Zaccaria
Carlo Colombara
Abigaille
Tiziana Caruso
Fenena
Anna Malavasi
Gran Sacerdote di Belo
Francesco Palmieri
Abdallo
Carlo Bosi
Anna
Maria Letizia Grosselli



ORCHESTRA CORO E TECNICI DELL’ARENA DI VERONA








Foto Ennevi

TRAVIATA, GIUSEPPE VERDI – ARENA DI VERONA, venerdì 28 giugno 2013, ore 21,15







Bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte’. Così scriveva l’esteta per eccellenza Gabriele d’Annunzio e così ha sempre fatto la parigina Violetta Valery finché ha potuto: feste, lusso, uomini, regali, piacere; tutto ciò che le poteva rendere la vita lieta, ‘di gioia in gioia’. E l’allestimento che ripropone il festival areniano quest’anno ideato da Hugo De Ana esemplifica visivamente questo modo di pensare. Con le sue immense cornici poste in maniera irregolare sull’infinito palcoscenico veronese, il regista, scenografo e costumista, vuole proprio ‘incorniciare’ ad arte la vita e gli amori dei protagonisti di questa arcinota opera verdiana.

Le ambientazioni studiate all’interno ed intorno alle suddette cornici sono arricchite da tele e pannelli dai colori vari e delicatissimi che ne completano lo sfondo, gli effetti di luce ed ombra sono azzeccatissimi a sottolineare ogni sfumatura della narrazione. Per non parlare dei meravigliosi abiti che il regista ha creato per questa produzione: ogni signora del pubblico ha sicuramente desiderato di possederne uno..

Certo tutta l’audience ha vivamente apprezzato i protagonisti di questo spettacolo in ogni sua parte, dagli interpreti all' esecuzione musicale.

Lana Kosinterpreta una bellissima Violetta Valery. La sua figura è esaltata dai ricchi costumi di De Ana e si muove sulla scena con disinvoltura ed eleganza. La sua voce si estende nell’aria senza difficoltà,  ricca e corposa, e si esprime al meglio soprattutto nei  pianissimo più che nelle agilità. Bene soprattutto nell’ultimo atto, ove riesce ad imprimere particolare intensità al ruolo della donna sofferente e malata, ma che spera fino all’ultimo di ricominciare a vivere e sognare.

Splendido nel ruolo di Alfredo John Osborn. Ottimo il fraseggio, bellissimo il timbro morbido della sua voce acuta e precisa, dall’ottimo volume, udibile in ogni parte del palcoscenico . Una carezza ogni sua nota emessa con precisione e maestria. Il suo Alfredo è tenero ed appassionato, esprime tutte le emozioni del personaggio coinvolgendo e convincendo.

Autoritario quanto basta Roberto Frontali, nei panni di un Giorgio Germont espresso con piglio paterno e convinzione, dotato di una voce baritonale ben emessa e dal bel colore. 

Sanya Anastasiaè una spigliata Flora, che con la sua voce scura e piena ben si cala nel ruolo dell’amica ‘allegra’ di Violetta. Ben interpretato anche il Gastone di Carlo Bosi, che impersona con incisività e presenza scenica, coadiuvate da una voce dal bel timbro setoso, il suo ruolo di amico compartecipe delle vicende del protagonista.

Annina è una giusta Teona Dvali, come pure ben si addicono ai loro ruoli correttamente interpretati Nicolo' Cerianie Paolo Maria Orecchia, rispettivamente i nobili Douphol e d'Obigny. Convincente nel breve ruolo del medico Gianluca Breda, e Antonio Feltraccocome Giuseppe. Bene Andrea Cortese, sia come domestico di Flora che come Commissionario.

Il coro dell’Arena diretto da Armendo Tasso offre come sempre una prova positiva, pur se leggermente impreciso quando posto ai lati del palco, forse a causa dell’acustica dispersiva.
Il corpo di ballo dell’Arena offre uno spettacolare completamento a questo splendido allestimento, con le belle coreografie di Maria Grazia Garofoli.

L’Orchestra dell’Arena di Verona è diretta da Andrea Battistoni. Il Maestro offre una lettura di questa pagina verdiana molto ‘intima’. Sin dalla ouverture è chiaro l’intento di sottolineare il pathos che tutta l’opera trasmette, con suoni delicati, anche nei momenti più concitati. L'effetto complessivo è dunque elegante, offrendo sonorità mai esagerate, che si completano con le voci degli interpreti senza sovrastarli, cosa molto difficile in una cornice così particolare.

Applausi anche a scena aperta, il pubblico ha tributato un caloroso successo a tutti gli interpreti, con ovazioni alla coppia protagonista ed al direttore d’orchestra.
Una produzione veramente degna del festival e della sua fama!
MTG


LA PRODUZIONE

Direttore d'orchestra
Andrea Battistoni
Regia, scene, costumi e luci
Hugo De Ana
Coreografia
Direttore del coro
Direttore del corpo di ballo
Direttore allestimenti scenici

Leda Lojodice
Armendo Tasso
Maria Grazia Garofoli
Giuseppe De filippi Venezia

GLI INTERPRETI
Violetta Valery
Lana Kos
Alfredo Germont
John Osborn
Giorgio Germont
Roberto Frontali
Flora Bervoix
Sanya Anastasia
Annina
Teona Dvali
Gastone
Carlo Bosi
Barone Douphol
Nicolo' Ceriani
Marchese d'Obigny
Paolo Maria Orecchia
Dottor Grenvil
Gianluca Breda
Giuseppe
Antonio Feltracco
Domestico/Commissionario
Andrea Cortese


ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO E TECNICI DELL’ARENA DI VERONA








Foto Ennevi

MADAMA BUTTERFLY, GIACOMO PUCCINI – TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, martedì 25 giugno 2013, ore 19,00



È questo uno dei più rappresentati titoli di Puccini, Madama Butterfly, che vide la luce il 17 febbraio 1904 alla Scala di Milano senza ottenere il giusto successo, poi ottenuto dopo alcune sostanziali modifiche operate dall’autore, al Teatro Grande di Brescia, nel successivo mese di maggio. Questo intenso lavoro tratto dal dramma omonimo di Belasco, ha come origine un fatto realmente accaduto: una geisha era stata ingannata da un uomo forestiero ed aveva tentato il suicidio qualche anno prima. E’ un dramma che ottiene in modo particolare la compartecipazione del pubblico, poiché chi ascolta ed osserva vorrebbe quasi salire sul palco e gridare alla piccola Cio-Cio-San di non farsi illusioni, che il suo adorato salvatore non la porterà mai via dalla sua città, che è tutto evidente sin dall’inizio! E dobbiamo dire che lo spettacolo che abbiamo visto ci mette subito in questo stato di commozione nei confronti della protagonista, perché su tutto sono esposti gli stati d’animo, più che il contorno esteriore.

La produzione che il Teatro la Fenice di Venezia mette in scena quest’anno rientra in un progetto speciale nell’ambito della 55^ Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. La regia è curata da Àlex Rigola, che in collaborazione con Mariko Mori, scenografa e costumista, ha creato uno spettacolo senza tempo e senza specifica ambientazione, ma pieno di intensità e molto coinvolgente. Sono appunto in scena i sentimenti dei protagonisti, messi così a nudo da lasciare chi assiste senza parole, avvolgendolo continuamente con i suoi artifizi: il coro muto che circonda la platea alle sue spalle, la protagonista che resta sul palco in veglia durante il celebre intermezzo, mentre uno schermo sul palco proietta stelle cadenti dal nero cielo dell’universo. 

Al centro dell’ambientazione la lemniscata a simboleggiare l’infinito. I colori di fondo sono sempre su toni dal rosa al violetto, ma il bianco domina su tutto, anche nei delicati costumi delle ballerine che accompagnano larga parte della narrazione. Splendido il costume di Cio-Cio-San, una veste bianca a cui si appoggia un mantello con alle spalle delle ali colorate che ne esemplificano il celebre appellativo. Anche se sostanzialmente la scena è vuota, nell’ultima parte è addirittura tutto bianco senza arredi, tale è lo sforzo registico interpretato dagli artisti che non ci si accorge neanche di ciò che (non) li circonda.

Il ruolo del titolo è affidato ad una particolarmente ispirata Amarilli Nizza. Il soprano mostra tutte le sfaccettature del personaggio con straordinaria ricchezza interpretativa. Da delicata fanciulla in fiore nel primo atto, si trasforma in   donna tradita madre, che si appresta ad affrontare con dignità quasi regale un destino negato fino alla fine. A sostegno di ciò, una voce che soffre con i suoi filati delicati e intensi, piange con gli acuti ben assestati ed offre un colore ricco e importante. Splendida!

Andeka Gorrotxategui è Pinkerton. Lo strumento di cui dispone è di bel colore che non difetta in potenza nelle note di slancio, mentre scompare leggermente nell’orchestra se l’emissione si trova nel registro medio. L’impegno nel ruolo è stato discreto, ma manca ancora l’esperienza del personaggio che ne conferirebbe maggior credibilità ed autorevolezza.

Splendida Manuela Custer nel ruolo di Suzuki. Si cala nel personaggio con una compostezza ed una classe in perfetta simbiosi con la protagonista. Il colore scuro della sua voce è pieno e a tratti delicato, realmente compartecipe delle vicende in scena, convince a pieno e meritatamente.

Sharpless è un bravissimo Vladimir Stoyanov: molto espressivo, canta con decisione ed autorevolezza interpretando il suo ruolo e convincendo per tenuta vocale e resa scenica.
Goro è interpretato da Nicola Pamio. Non ci è molto chiara la scelta di fargli indossare degli occhiali da sole bianchi che lo rendono somigliante ad un Renato Zero un po’ anomalo, ma il suo personaggio di ‘combina matrimoni’è interpretato con buono spirito e doti vocali.  

Il principe Yamadori è William Corrò che esegue la sua parte con buono agio interpretativo e canoro, così come lo zio Bonzo, alias Riccardo Ferrari. Aggraziate e ben eseguite le parti della madre, zia e cugina di Butterfly: nell’ordine  Misuzu Ozawa, Marta Codognola, Sabrina Mazzamuto, come pure corretti Emanuele Pedrini, Ciro Passilongo ed Enzo Borghetti, rispettivamente il commissario imperiale, Yakusidé e l’ Ufficiale del registro. Infine Julie Mellorriesce ad interpretare in modo convincente il ruolo della vincitrice, ma compassionevole, Jane Pinkerton, con una voce interessante che ci dispiace aver udito per poco.

Molto bravi e leggiadri i ballerini Inma Asensio, Elia Lopez Gonzalez, Sau-Ching Wong, ancora una bella prova del coro diretto da  Claudio Marino Moretti.

L’orchestra di Omer Meir Wellber qui trova una direzione vibrante, dai ritmi sostenuti, che non scade nel banale sentimentalismo. Se anche nei crescendo tende a mettere in ombra gli interpreti, ha accompagnato con gesto elegante e compartecipe i musicisti in buca.
Pubblico visivamente emozionato, ha tributato applausi soprattutto ai protagonisti principali ed al direttore d’orchestra.
Davvero una bella ed interessante produzione!
MTG


  
LA PRODUZIONE

Maestro concertatore Omer Meir Wellber
e direttore
regia                           Àlex Rigola

scene e costumi          Mariko Mori
light designer             Albert Faura
head design               milliner by Kamo

GLI INTERPRETI
Cio-Cio-San              Amarilli Nizza
F.B. Pinkerton          Andeka Gorrotxategui
Kate Pinkerton         Julie Mellor
Sharpless                   Vladimir Stoyanov
Suzuki                        Manuela Custer
Goro                          Nicola Pamio

Zio Bonzo                  Riccardo Ferrari
Il principe Yamadori  William Corrò
Yakusidé                   Ciro Passilongo
Il commissario          Emanuele Pedrini
imperiale 
L’ufficiale                  Enzo Borghetti
del registro 
La madre                   Misuzu Ozawa
di Cio-Cio-San 

La zia                        Marta Codognola
La cugina                  Sabrina Mazzamuto



Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti

ballerini 
Inma Asensio, Elia Lopez Gonzalez, Sau-Ching Wong

con sopratitoli in italiano e in inglese

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice 
| progetto speciale della 55. Esposizione
Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia 
| spettacolo sostenuto dal Circolo La Fenice con
il contributo di Van Cleef & Arpels





ELISIR D’AMORE , GAETANO DONIZETTI – TEATRO REGIO DI TORINO, domenica 23 giugno 2013, ore 15,00



Siamo tornati al Teatro Regio di Torino per rivedere quest’ opera  perfetta per la stagione appena iniziata: calda, giovane, allegra, piena di vita. Così abbiamo ritrovato il lavoro che Fabio Sparvoli ha concepito per questo ‘Elisir d’amore’ di Gaetano Donizetti, in un allestimento che come detto si ispira ai grandi film italiani degli anni ’50, per caratterizzazione dei personaggi e per i coloratissimi costumi di Alessandra Torella e le scene di Saverio Santoliquido.  È di nuovo in scena il dramma di sempre: come fare per conquistare l’amata, quali stratagemmi inventarsi per portare a termine la missione del cuore? Il povero Nemorino non trova altro modo che affidarsi a quel grandissimo ciarlatano di Dulcamara che, approfittando dei sentimenti del giovane, gli spilla soldi per una pozione che in realtà non è altro che del semplice vino. D’altro canto si sa che ‘in vino veritas’, e difatti il malcapitato trova nuova forza ed espressività proprio grazie alle virtù che in effetti la bevanda possiede, quella di disinibire, e pur comportandosi da ‘matto’, riesce comunque a catturare l’attenzione della furba fittaiola Adina.
E anche questa sera gli artisti in scena hanno straordinariamente interpretato la mente del compositore, evidenziando che questi non intendeva certo scimmiottare Rossini e le sue opere buffe, bensì aggiungere al carattere giocoso, tipico di certi ruoli dell’autore pesarese, dei tratti più sentimentali, creando una fusione perfetta tra sentimentalismo e leggerezza, un passo avanti nella storia del'opera.
Ancora un cast meraviglioso di giovani e brillanti artisti: la compagine artistica ha convinto per partecipazione, doti attoriali, e soprattutto per straordinaria tecnica vocale.

Désirée Rancatore è una meravigliosa Adina: un personaggio che sembra entrato nella sua anima tanto le sta a pennello: non una bimbetta capricciosa, ma una donna che sa il fatto suo senza rinunciare a fare la gatta quando serve, perché  proprio non ci sta ad essere messa da parte, ed è sempre ben presente a se stessa giocando d' astuzia. Il tutto condito da una voce dalle molte sfaccettature: con agilità spericolate, filati sottilissimi e precisi, acuti pieni e ricchi, il soprano gioca con il suo strumento senza mai perderne il controllo, una interprete davvero istrionica.

Nemorino è un Francesco Meli veramente in grande spolvero: mostra di essere un artista di classe, il personaggio che interpreta è molto più del semplice innamorato dal cuore limpido: mostra una classe particolare che nobilita il suo ruolo, coadiuvata da una voce che avvolge le note con setosita' e dolcezza unite a precisione ed armonia. La celebre ‘Una furtiva lagrima’ , è cantata quasi con un filo di voce sofferente all’inizio, per poi esplodere nel sentimento man mano che si addentra nella sua esecuzione.

Belcore è Fabio Maria Capitanucci : la sua voce ha un timbro importante, dall’ottimo volume che non teme la grande sala del Regio, si muove con disinvoltura sulle scene padroneggiando il suo personaggio con simpatia e scaltrezza.

Dulcamara è interpretato da Nicola Ulivieri. Questo ruolo semplicemente spassoso è molto realistico nell’interpretazione del basso-baritono. Molto espressivo e mai banale, anche grazie alle invenzioni registiche di Sparvoli, risolve il suo personaggio con maestria utilizzando la sua voce piena e vellutata certificando un suo particolare successo.

Ritroviamo la brava e spigliata Giannetta di Annie Rosen, ed il bravissimo il mimo Mario Brancaccio, nell’assistere quel matto del suo padrone ‘dottore’.
Ottimo anche per questa serata il coro del Teatro Regio diretto dal Maestro Claudio Fenoglio per precisione e compattezza vocale.

L’orchestra si conferma essere il completamento al successo complessivo della serata, diretta dal Maestro Giampaolo Bisanti. Come è stato detto precedentemente il milanese presta attenzione ad ogni dettaglio, dai cantanti all’azione in scena, improntando la sua conduzione su perfetta simbiosi tra palcoscenico e musica, lavorando insieme agli artisti con la classe che lo contraddistingue. Un altro tassello si aggiunge al mosaico delle sue conduzioni ben riuscite.

Applausi davvero generosi per tutti, bis per Rancatore e Meli, un altro trionfo per il Teatro Regio e la città di Torino.

MTG


LA PRODUZIONE

Direttore d'orchestra
Giampaolo Bisanti
Regia
Fabio Sparvoli
Scene
Saverio Santoliquido
Costumi
Alessandra Torella
Luci
Andrea Anfossi
Assistente alla regia
Anna Maria Bruzzese
Maestro del coro
Claudio Fenoglio


GLI INTERPRETI
Adina, ricca e capricciosa
fittaiuola 
Désirée Rancatore

Nemorino, coltivatore, giovane semplice,
innamorato di Adina e
Francesco Meli

Belcore, sergente di guarnigione
nel villaggio 
Fabio Maria Capitanucci

Il dottor Dulcamara,
medico ambulante 
Nicola Ulivieri

Giannetta, villanella 
Annie Rosen
Assistente di Dulcamara 
Mario Brancaccio



Maestro al fortepiano

Luca Brancaleon
Orchestra e Coro del Teatro Regio

Nuovo allestimento






ELISIR D’AMORE , GAETANO DONIZETTI – TEATRO REGIO DI TORINO, sabato 22 giugno 2013, ore 20,00



 “ Prediletti dalle stelle,  
io vi lascio un gran tesoro.
Tutto è in lui; salute e belle,
allegria, fortuna ed oro,
rinverdite, rifiorite,
impinguate ed arricchite:
dell'amico Dulcamara
ei vi faccia ricordar.”


A conclusione della stagione 201213, il teatro Regio di Torino propone un nuovo allestimento del capolavoro donizettiano con due differenti cast.
Chiamato di nuovo ad inventare la regia è Fabio Sparvoli che dopo il fortunatissimo allestimento del 2007, reinventa un'ambientazione da paesino italiano degli anni 50, ispirandosi chiaramente al cinema realista italiano del dopoguerra.
Giannetta ci ricorda tanto la LollobrigidaBersagliera di “Pane amore e fantasia”, Belcore passa da Sergente basco a italico Carabiniere, Dulcamara è un venditoreciarlatano alla Alberto Sordi, che si arrabatta come può, ma senza cattiveria, per sbarcare il lunario.

D'altronde l'Elisir d'amore, è l'opera che che dà il primo colpo di timone verso la nuova rotta dell'opera buffa. In questo capolavoro l'allegria non nasce per puro impulso musicale, ma dal personaggio, che non è una comica macchietta, ma un carattere che con le sue manchevolezze e i suoi lati borghesemente umani ispira un sorriso bonario da cui non è aliena la commozione. Per Donizetti i tratti umani, l'anima,  qui danno una persuasiva e nuova fisionomia a Nemorino, Dulcamara, Belcore, già prima di quel perfetto gioiello che sarà il Don Pasquale: dal riso rossiniano si è giunti al sorriso donizettiano.

Sparvoli ci propone dunque un'allestimento sgargiante di colori dove i personaggi si muovono con gesti ampi che amplificano emozioni e reazioni grazie ad una mimica facciale accentuata, particolarmente in Adina, Belcore e Dulcamara che maggiormente risentono di quel retaggio da commedia dell'arte; piu naturale invece Nemorino che con la sua umanità si contrappone alla sfacciataggine degli altri.
Le scene pensate da Saverio Santoliquido ci regalano una fattoria fervente di attività campestri nel primo atto e di festeggiamenti nel secondo, tutto giocato sui colori arancione e giallo, come pure i bei costumi di Alessandra Torella.

Particolarmente gradevole e divertente è stata Jessica Nuccio nel ruolo di Adina.
La sua giovanissima e freschissima voce ben si presta ad una volubilità che se nel primo atto risulta un po’ stereotipata, nel secondo diviene più credibile. Nonostante qualche leggera incertezza nell'intonazione soprattutto nei recitativi, la Nuccio possiede una voce limpidissima negli insidiosi passaggi dalle note quasi sussurrate, giocate, a quelle più vigorose degli acuti, affrontate senza timore e con precisione.
Vito Priante è un Belcore tutto passione e calore, anche nella voce di cui fa un uso accorto e studiatissimo rendendo il personaggio del furbo sergente, credibile e per nulla macchiettistico.

Uno splendido Simone Alberghini è stato un Dulcamara più che convincente. Spesso si tende a ridurre questo personaggio ad una sorta di capocomico tutto lazzi e strilli. Alberghinigli ha reso invece giustizia, studiando ogni singola sillaba del suo dettato musicale e rendendola chiara e giustamente precisa senza cadere nei consueti stereotipi visti e rivisti da mago avvinazzato tutto moine e imbrogli.
Degno suo muto compare (voluto da Sparvoli) è stato il mimo Mario Brancaccio.

Maiuscola la prova di Ivan Magrì come Nemorino.
La voce del giovane cantante siciliano si è notevolmente irrobustita e riempita di armonici rispetto ai precedenti ascolti. Il suo Nemorino, è un ragazzo si semplice ma non del tutto sciocco. Esilarante nei duetti con Adina, struggente nell'esternazione dei turbamenti sentimentali. Ci ha regalato un'interpretazione di “una furtiva lagrima” veramente bella e giustamente bissata. Ci auguriamo di ascoltarlo presto e molte volte ancora soprattutto in Italia.

Giannetta è stata una precisa e intonatissima Annie Rosen, bravissima anche nell'interpretazione.

A capo di una ispiratissima orchestra del Regio, Giampaolo Bisanti ha saputo condurre la partitura da vero fuoriclasse.
Risulta fin da subito chiara la sua volontà di stabilire un giusto equilibrio tra  sonorità e voci senza nulla sacrificare a vigore e slancio orchestrale. Bisanti sa essere patetico e brillante solo quando serve veramente, studiando e interpretando assieme a orchestra, coro e solisti ogni singola frase senza lasciare nulla al caso ma al contempo lasciando libertà di interpretazione nel gusto. Ci auguriamo vivamente di poterlo riascoltare presto in altre prove.

Preciso e particolarmente partecipe il coro diretto da Claudio Fenoglio.
Successo vivissimo e meritato.


Pierluigi Guadagni

LA PRODUZIONE

Direttore d'orchestra
Giampaolo Bisanti
Regia
Fabio Sparvoli
Scene
Saverio Santoliquido
Costumi
Alessandra Torella
Luci
Andrea Anfossi
Assistente alla regia
Anna Maria Bruzzese
Maestro del coro
Claudio Fenoglio

GLI INTERPRETI
Adina, ricca e capricciosa
fittaiuola soprano
Jessica Nuccio 
Nemorino, coltivatore, giovane semplice,
innamorato di Adina tenore
Ivan Magrì 
Belcore, sergente di guarnigione
nel villaggio baritono
Vito Priante
Il dottor Dulcamara,
medico ambulante basso
Simone Alberghini 
Giannetta, villanella soprano
Annie Rosen
Assistente di Dulcamara mimo
Mario Brancaccio



Maestro al fortepiano

Luca Brancaleon
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Nuovo allestimento




VERDI, NOSTRO SHAKESPEARE - VIAGGIO IN MUSICA E PAROLE, TEATRO ROMANO DI VERONA, giovedì 13 giugno, ore 21,30


Per tutte quelle volte in cui si afferma che ascoltando opere di Verdi la commistione tra prosa e musica diventa perfetta se di mezzo c’è William Shakespeare, ecco che la Fondazione Arena di Verona, per iniziare le celebrazioni del centenario del Festival, quest’anno ha voluto effettuare proprio un esperimento musical-teatrale che ha visto la fusione dei due generi artistici in una unica serata. Una produzione ampiamente spiegata grazie ai numerosi interventi dell’ideatore, il regista Francesco Micheli, il quale ha anch’esso recitato e raccontato il percorso su cui si districava lo spettacolo. Innanzitutto l’analisi dei personaggi shakespeariani dal punto di vista del compositore di Busseto, poi l’approfondimento dei loro caratteri,  infine la sottolineatura di quanto la musica di Verdi riesca ad esaltare ciò che già i versi del poeta inglese esprimono a gran voce da sé. 


Il regista elogia lungamente soprattutto le donne verdiane per carattere, forza, e per caratteristiche vocali, non semplici da trovare nelle interpreti di oggigiorno. Nel raccontare questo viaggio parallelo tra Verdi e Shakespeare, Micheli si è avvalso di valenti collaboratori, gli straordinari attori Luca Zingaretti e Maria Paiato, che non hanno bisogno di presentazioni, tale è la levatura del loro talento e dei successi ottenuti da anni. Con essi, per la parte musicale, sul palco si sono alternati invece il tenore Walter Fraccaro, il soprano Maria Josè Siri, ed il baritono Marco Vratogna, accompagnati da una selezione dell’orchestra areniana diretta da Julian Kovatchev.


Il programma dello spettacolo si è articolato in un continuo alternarsi di arie ed interventi in prosa, selezionati dalle celeberrime opere che vedono il genio di Busseto ispirarsi al poeta di Stratford-upon-Avon:  dal Macbeth si è passati ad un salto verso Rigoletto, che il regista è riuscito a collegare a Shakespeare per il carattere del protagonista, i cui tratti sono riconoscibili in tanti personaggi delle sue tragedie; non poteva mancare quindi Otello, per poi chiudere in allegria con Falstaff.

Luca Zingaretti e Maria Paiato hanno una incredibile capacità di calarsi nel ruolo, fanno propri tutti i personaggi e modificano la voce in funzione del momento specifico, un chiaro esempio dell’alta scuola di recitazione italiana. Hanno creato anche un buon feeling con i cantanti impegnati in scena, alternandosi nelle esecuzioni senza mai prevaricare gli altri.

Dal punto di vista musicale giovani voci già note al pubblico veronese. Maria Josè Siri è un  soprano dalla bella voce morbidamente vellutata, non ancora matura al punto di eseguire perfettamente arie come quelle impervie di Lady Macbeth, ma molto melodica e dolce, tale da eseguire una molto sentita ‘Ave Maria’ dall’Otello, che è stata infatti apprezzata soprattutto per l’interpretazione.

Marco Vratognaconferma di essere un baritono eccellente, la sua voce è corposa, di carattere, stabile e precisa; unico neo: senza una scenografia attorno risulta un po’ statico nell’esecuzione delle sue arie. Anche il tenore Walter Fraccarodispone di uno strumento dal colore limpido ed acuto, ma peccante leggermente di carattere in arie che ne richiederebbero a volontà, come quelle tratte dall’Otello; bene eseguita l’aria di Macduff.  Gran finale tutti insieme con Falstaff, tra gli applausi del pubblico.

Ad incorniciare lo spettacolo il Maestro Julian Kovatchev, che ha guidato con spirito e simpatia gli orchestrali areniani in questo interessante viaggio tra musica e parole.Il delizioso Teatro Romano ha registrato il quasi tutto esaurito, un successo che va ripetuto sicuramente.
MTG



L’ITALIANA IN ALGERI, GIOACHINO ROSSINI - TEATRO REGIO DI TORINO, martedì 11 giugno 2013,ore 15,00.



Non è una novità che le donne del nostro bel paese abbiano una fama di grandi amatrici, siano 'disinvolte e scaltre', e pertanto capiti molto spesso che.. 'suol restar gabbato chi le vorria gabbar'. Ben lo sapeva Gioachino Rossini che, nel comporre questo autentico divertimento in musica, esaltò a pieno tali qualità delle sue connazionali. E ovviamente l' eroina rossiniana, Isabella, è molto astuta, brillante, e sa sfruttare la situazione sempre a suo vantaggio. Il libretto fu di Angelo Anelli, il quale lo scrisse per il compositore Luigi Mosca,  ed il soggetto e libretto stesso con qualche modifica furono poi ripresi da Rossini  per la sua versione, che fu rappresentata per la prima volta nel 1813 a Venezia, e poi rimaneggiata in versioni successive.

E se un fatto di cronaca, come si sa, ispirò l'autore, i temi e le giocose situazioni in scena sono sempre attualissime. Un marito ricco ed annoiato, una moglie che non vuole lasciarlo andare perché ancora innamorata, la bella disinvolta che fa girare la testa a tutti, e naturalmente una storia d'amore a guidare le trame del racconto con tutte le situazioni che il libretto offre con maestria e perizia. 

Del resto pare che tra gli estimatori di quest'opera ci fosse Stendhal, che  amò sempre molto la nostra arte in tutte le sue manifestazioni. E se poi la produzione che fa da sfondo alla storia è ben costruita e dispone di un cast affiatato, lo spettacolo è garantito.

Il regista Vittorio Borrelli  ha creato qualche anno fa questa messa in scena con Claudia Boasso per il Regio, splendidamente tradizionale, coloratissima, ricca, che ci cala direttamente nel palazzo del bey di Algeri. Abbiamo arredi lussuosi, cuscini, divani, letti enormi, tutto il lusso che un ricco e tracotante Sultano può permettersi.  Non mancano gli sketch burleschi, i doppi sensi creati dagli elementi scenici stessi, in un'atmosfera serena e veramente divertita, che ha coinvolto il pubblico sin dalla prima scena. 

E sicuramente si e' divertito Simone Alberghini nel ruolo del Bey di Algeri. Chiamato a sostituire il collega Lorenzo Regazzo, ha offerto sì una interpretazione giocosa, ma non caricaturale, del prepotente beffato. Il suo personaggio non fa lo sciocco per forza, anzi mostra maturità ed intelligenza anche nella sconfitta e rassegnazione finale, rendondo il suo ruolo molto credibile. Il timbro deciso e corposo della voce del basso completano la performance.

Centrata anche la bella Isabella di Daniela Pini: scaltra al punto giusto, intrigante e molto disinvolta, padronissima della scena, delizia con le sue agilità e la sua timbrica scura e piena da donna sicura di sé. 

Antonino Siragusa è un simpatico Lindoro. Cristallino il suono dei suoi acuti, con  una setosità che si addice molto ai ruoli rossiniani per colore della voce,  e convince bene nel ruolo dell'innamorato affezionato.

La moglie del bey ci piace per lo spirito con cui ha gestito il ruolo: Linda Campanella è spigliata e con la sua voce acuta e sottile riesce comunque a riempire l'ampia sala del teatro.

Marco Filippo Romano e' un perfetto Taddeo, le espressioni del volto che riesce ad assumere sono spassose, il suo ruolo e' veramente da 'macchietta' ed il baritono si propone nei siparietti richiesti con spirito e professionalità, coadiuvato da una resa vocale che ne esalta le caratteristiche. Altrettanto spigliati Federico Longhi e Alessia Nadin  nei rispettivi ruoli di Haly e Zulma, la cui resa vocale premia una interpretazione convincente ed affiatata. Infine divertente anche l'interpretazione del mimo Marco Cabras in veste di chef; molte scene a volte non sarebbero così divertenti senza la collaborazione di questi preziosi artisti.

Particolare menzione va a coro ed orchestra del Teatro Regio. Corposo e' il suono di insieme dei coristi e ben si amalgama con efficacia alle voci dei protagonisti, ottimamente diretto dal Maestro Claudio Fenoglio.
Il Direttore d'orchestra Daniele Rustioni dona classe e perfezione ad uno spartito che da molti è definito come tale. Guida sicuro, brioso e con ottima intesa i musicisti, offrendo ritmi e colori vibranti ed accesi. L ' orchestra si esalta, si fonde nell'insieme, non copre mai i cantanti, anzi li accompagna con gusto e precisione.

Pubblico entusiasta, omaggia tutti gli interpreti ed il direttore d'orchestra con caldi applausi e svariate chiamate sul palco. Un pomeriggio di pura serenità per tutti.
MTG
  

LA PRODUZIONE

Direttore d'orchestra
Daniele Rustioni
Regia
Vittorio Borrelli
Scene
Claudia Boasso
Costumi
Santuzza Calì
Luci
Andrea Anfossi
Maestro del coro
Claudio Fenoglio

GLI INTERPRETI

Isabella, signora italiana 




Daniela Pini
Lindoro, giovane italiano,
schiavo favorito di Mustafà 
Antonino Siragusa
Mustafà, bey d'Algeri
Simone Alberghini 
Elvira, moglie di Mustafà 
Linda Campanella
Taddeo, compagno d'Isabella  
Marco Filippo Romano 
Haly, capitano dei corsari
algerini 
 Federico Longhi
Zulma, schiava confidente
di Elvira 
Alessia Nadin
Lo chef mimo
Marco Cabras


Maestro al cembalo
Giannandrea Agnoletto

Orchestra e Coro del Teatro Regio
Allestimento Teatro Regio






                                                                  







GRAN FINALE CON SILVIA DALLA BENETTA PER IL SUONO DELL’OLIMPICO – VICENZA, TEATRO OLIMPICO, domenica 26 maggio 2013, ore 21,00


Il primo anno che ha visto come direttore artistico dell’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza il Maestro Giampaolo Bisanti, è stato un crescendo di eventi sempre più spettacolari e di successo. Questo concerto che chiude la rassegna ‘Il suono dell’Olimpico’ ne è stato la prova decisiva. Verdi Primadonna è il titolo della serata - evento che ha offerto un gala interamente dedicato al compositore che con le sue protagoniste femminili è capace più di ogni altro di regalare autentici tumulti al cuore ogni volta che le sue opere vengono rappresentate: Giuseppe Verdi appunto, naturalmente nell’ambito dei festeggiamenti per il bicentenario della sua nascita. E le sue eroine sono il simbolo di tutte le donne del mondo e di ogni epoca, diversissime fra loro e che richiedono capacità interpretative ed esperienza sul campo non indifferenti, magnificamente interpretate dal soprano che rende la sua città, Vicenza, fiera nel mondo di aver dato i natali ad un’Artista di tale levatura: Silvia dalla Benetta.

Il programma proposto dal maestro Bisanti è stato ricco, intenso, ben strutturato, che ha fatto viaggiare il pubblico attraverso tutta la storia compositiva di Verdi, partendo dalle origini, passando per gli anni di intensa produzione su commissione, i famosi anni di galera, fino alle grandi opere della maturità. Un percorso che ha voluto far comprendere al pubblico l’evoluzione della produzione del maestro di Busseto con quasi tre ore di grande musica, un sforzo produttivo veramente notevole.

Così è stato anche un viaggio nella tessitura vocale della voce sopranile, che dalle prime opere ancora di stampo donizettiano , passa poi ad un carattere sempre più deciso, con varietà di accenti e colori più corposi, drammatici, che non tutti sono in grado di esprimere con così tanta elasticità.

Ecco che dunque dall’Oberto (Sinfonia ed aria di Leonora ‘Ah sgombro è il loco’), si è passati alla Giovanna d’Arco (Sinfonia),  ad Ernani (Aria di Elvira: Surta è la notte’),  Macbeth (Preludio), Il Corsaro (aria di Medora ‘Egli non riede’), Luisa Miller (Sinfonia ed aria di Luisa ‘Tu puniscimi, o Signore’), due opere della grande trilogia popolare, La Traviata ( Preludio e aria di Violetta ‘E’ strano…Ah fors’è lui….Sempre libera’), ed Il Trovatore (aria di Leonora ‘D’amor sull’ali rosee’), ed infine la grande maturità con Vespri Siciliani (la meravigliosa Sinfonia), La Forza del Destino (Sinfonia e aria di Leonora ‘Pace, pace mio Dio’), il Don Carlo (Introduzione Orchestrale e Aria di Elisabetta ‘Tu che le vanità’) ed il gran finale con Aida (Preludio e l’aria di Aida ‘Ritorna Vincitor’).

Un viaggio è stato fatto anche dalla stessa Orchestra del Teatro Olimpico, che grazie al suo direttore è ormai una bella realtà del panorama nazionale. Sempre più affiatata, precisa e particolarmente in spolvero ieri sera, ha trovato il giusto condottiero nel mare delle asperità esecutive, con gli archi in bella evidenza, i fiati squillanti, e gli ottoni ora in grado di controllare volume e corposità di suono. Il Maestro Bisanti non si risparmia mai, guida l’ensemble con energia e passione ad ogni pezzo, facendosi seguire anche col solo sguardo nei punti più critici da tutti i musicisti. Un direttore di gran classe e preparazione, una perla nel mare azzurro dei nostri talenti.

Stella della serata la splendida Silvia dalla Benetta. Meravigliosa interprete di eleganza sia fisica che vocale, ha la straordinaria capacità di calarsi nei diversi ruoli con perizia e sicurezza. La sua voce si fa ora dolce e sottile con i filati, ora corposa e profonda nel medio registro, nonché acuta senza sbavature e in potenza, così da stringere il cuore per esempio nelle arie dal Trovatore, da La Forza del Destino e dal Don Carlo, e di divertire con la sua Violetta, ormai un riferimento per il ruolo a livello internazionale.
Molte le chiamate sul palco tali da ottenere un ulteriore regalo: il delizioso bis da i Vespri Siciliani ‘Mercè dilette amiche’
Grande entusiasmo del pubblico, scommessa decisamente vinta per la  OTO, il maestro Bisanti ed il soprano Dalla Benetta.
MTG


IL MEMORIAL TULIO BESA AL GIOVANE E TALENTUOSO GIOVANNI ZANON - AUDITORIUM FONATO DI THIENE, sabato 25 maggio 2013, ore 20,30


E’ nata una stella! Serata dedicata al vincitore del premio Memorial Tullio Besa all’auditorium Fonato di Thiene, inserita all’interno della rassegna musicale Thiene Classica, che ha visto numerosi interpreti di prestigio alternarsi nell’ambito della programmazione di quest’anno. E di prestigio è sicuramente anche questo giovane talento, il violinista Giovanni Andrea Zanon, che ha più che degnamente meritato questo riconoscimento per tecnica, passione e totale dedizione al suo lavoro, nonostante abbia soltanto quindici anni. Il premio istituito nel 2002 è stato consegnato al termine del concerto dalla ideatrice e curatrice dell’evento, la Sig.ra Gigliola Trentin Besa, in ricordo del marito appassionato di musica e amante dei giovani talenti. In una serata speciale, il giovane premiato ha offerto un concerto di incredibile difficoltà esecutiva e intensità interpretativa. Ad accompagnare il giovane veneto, con perizia e grande feeling, il Maestro Pierluigi Piran al pianoforte.
Il programma ha previsto l’esecuzione della Sonata per violino in sol minore, detta Il trillo del diavolo, di Giuseppe Tartini, vissuto tra il diciassettesimo ed il diciottesimo secolo, famosa per essere incredibilmente impegnativa. Si racconta che sia addirittura ispirata ad un sogno del compositore in cui avrebbe visto apparirgli il diavolo che gli avrebbe ispirato le melodie su cui si basa. Un pezzo che inizia appunto soavemente quasi come una ninna nanna carica di pathos, per poi sfociare in un turbinio di note virtuosistiche che richiamano ad una danza vorticosa.

Si va avanti di un secolo con H. Wieniawski e la sua Fantasia Brillante sul tema di Gounod ‘Faust’, pezzo di incredibile intensità emotiva, per le note sottilissime che diventano quasi ultrasuoni e si sposano in un dialogo dolce col pianoforte. Anche in questo caso la calma apparente iniziale si trasforma in un vortice di ritmi serratissimi, in cui i suoni esplodono letteralmente dal violino dell’Artista.

Con P. I. Tchaikovsky, e la sua Meditation, op. 42 in Re minore,  restiamo nel diciannovesimo secolo per la malinconia delle atmosfere russe, altro brano di difficoltà esecutiva impressionante e assolutamente di atmosfera e ricco di accenti, per poi finire con  H. Vieuxtemps, autore belga vissuto sempre nell’ottocento, con il meraviglioso Concerto  n° 5 op 37 in La minore, il più noto del compositore, in cui l’alternanza di vivacità e dolcezza estreme richiamano alla sensazione della quiete dopo una tempesta inarrestabile.
Bis del difficilissimo e appassionato Streghe op. 8 del genio Paganini.

Non basterebbe un libro intero per descrivere cosa Giovanni è in grado di dare con il suo strumento, bisogna ascoltarlo e vederlo. L’agilità con cui si muove, con cui le sue piccole dita pizzicano le corde o le accarezzano con l’archetto, oppure le sollecita a viva forza, sono indescrivibili. Lo sguardo del giovane è spesso rivolto al suo violino, come se stesse ordinandogli di fare esattamente ciò che ha in mente, e pone sempre lo strumento innanzi a lui quando riceve gli applausi come a dire che il merito è tutto dell’oggetto ‘incantato’. Sembra quasi che le note fuoriescano da sole, e tutto è in completa simbiosi durante l’esecuzione: le mani, la mente, il cuore, ed anche il corpo, che accompagna le note passo passo. Studio e dedizione evidenti nella perizia tecnica dimostrata che lo porterà verso grandi mete. Un ragazzo di una semplicità estrema che diventa un leone quando comincia a suonare. Straordinario!

E prima del premio Tullio Besa già altri riconoscimenti gli sono stati tributati, ultimo proprio fresco di pochi giorni, il premio come vincitore in una competizione durissima a Novosibirsk, in Siberia, ove oltre al titolo di primo assoluto, ha ricevuto anche il premio speciale ‘Regina Sofia’ per ‘miglior talento del concorso’, nonché il premio speciale per la sua interpretazione dell’ ‘anima russa’. 

Non c’è che dire, sentiremo parlare a lungo di questo talento e gli facciamo un immenso in bocca al lupo ringraziandolo per l’emozione che ha regalato ad un auditorium letteralmente in adorazione e pieno fino a scoppiare, tanto da richiedere l’aggiunta di altre sedie in sala; una bella soddisfazione per l’arte e la musica italiana in un momento così difficile.
Serata incantata, ad maiora!

MTG


RIENZI, DER LETZTE DER TRIBUNEN, RICHARD WAGNER - TEATRO DELL'OPERA DI ROMA, sabato 18 maggio 2013, ore 18,00




“Su Romani! Mano alle armi,
ciascun uomo s’affretti alla pugna!
Il Dio che Roma ha fatto risorgere
vi guiderà per mezzo del suo campione!
Ondeggino le vostre nuove bandiere,
lieti combattete per il loro onore!
Alto il grido di battaglia fate echeggiare:
«Santo Spirito cavaliere!» “


Quale titolo migliore si poteva desiderare a Roma per festeggiare degnamente il bicentenario della nascita di Wagner? Rienzi, l'ultimo dei tribuni è opera romana fino al midollo, vuoi per la storia, vuoi per il personaggio.
E al Teatro dell'opera di Roma va riconosciuto l'altissimo merito di averci fatto riscoprire, poiché è questo titolo praticamente mai stato rappresentato in Italia in lingua originale e nella versione semi integrale proposta, questo Grand-Opéra di una bellezza trascinante.
Quarto titolo nel catalogo Wagneriano, è sempre stato considerato dal compositore, come un figlio rinnegato vergognandosi di avere scritto musica tanto “normale” e di maniera.
Eppure abbiamo imparato ad apprezzare anche “questo” Wagner dove anche se non troviamo il trascendentale o il mitologico, troviamo un musicista già grande e formato, giovane, ambiziosissimo e perfettamente padrone di una tecnica compositiva superba.
Rienzi è un grand-opéra de facto, magnifico ed immaginifico, forse uno tra i migliori del genere ma ha un solo problema: la lunghezza.
Allestire uno spettacolo di quasi sei ore diventa oggi improponibile al cosidetto grande pubblico moderno (sic.) e quindi si taglia e si sforbicia dove possibile: nel grande balletto del secondo atto (completamente soppresso) , nelle pantomime, nei concertati, nelle riprese dei cori, nelle riprese delle arie, nei duetti, in alcune scene di passaggio, nei recitativi.

Edizione comunque pregievolissima e ben più integrale di altre viste e sentite in giro per l'Europa, con un cast veramente di altissimo profilo.
Stefan Soltesz ha l'onere e l'onore di guidare con mano ferma e sicura la complessa partitura seguito perfettamente da un'orchestra in stato di grazia e da un coro (preparato da Roberto Gabbiani) che, nonostante qualche sbavatura nel tremedo finale del 3 atto, si dimostra come il vero protagonista della serata.
Validissimo Rienzi è Andreas Schager, dotato di una voce d'acciaio e di una tenuta vocale e scenica inflessibile per tutta la durata dell'opera. Splendida la sua interpretazione dell'aria del 5 atto “Allmächt’ger Vater” tutta cantata a mezzavoce e con un fraseggio da manuale.

Emozionante Angela Denoke nel ruolo en travesti di Adriano.
La mezzosoprano tedesca ha saputo permeare ogni nota, ogni gesto di una grande intensità interiore, risultando perfettamente credibile nel ruolo dello sfortunato giovane Orsini.
Nella grande aria “Gerechter Gott, so ist’s entschieden schon!” del terzo atto, ha scatenato un'autentica ovazione nonostante risultasse evidente la fatica nell'affrontare un ruolo così impegnativo ed un'aria drammaticamente difficile.
Manuela Uhl è stata un'Irene fresca e sicura, peccato per i numerosi tagli decisi alla sua parte (soprattutto lo spledido e difficilissimo duetto con Rienzi del 5 atto “Verläßt die Kirche”).
Di altissimo livello i numerosi comprimari, Roman Astakhov (Stefano Colonna), Ljubomir Puskarich (Paolo Orsini), Milcho Borovinov (Raimondo), Martin Homrich (Baroncelli), Jean Luc Ballestra(Cecco del Vecchio), Hannah Bradbury (un ambasciatore di pace) che hanno saputo reggere le loro parti con professionalità e doti attoriali non comuni.

Preparatissimo il coro di voci bianche del Teatro dell'Opera di Roma.
Hugo de Hana ci ha regalato uno spettacolo tradizionalmente spettacolare.
Ispiratosi a figure del totalitarismo del novecento come Mussolini o Hitler ( ricordiamo che la partitura autografa di Rienzi fu perduta nell 'incendio del Reichstag essendo stata regalata al Fuerer come omaggio dalla famiglia Wagner) De Hana pensa ad uno spettacolo proiettato completamente nella romanità del testo.
La scenografia è tutta un richiamo alla città eterna: pavimentazione di sampietrini, state equestri ispirate a quella di Marco Aurelio al Campidoglio, una grande riproduzione della colonna Traiana, statue in frantumi a significare la decandenza romana, la casa di Rienzi con una grande colonna nera al centro, rendono rapidissimi e funzionali i numerosissimi cambiscena del libretto.

Per i costumi, sempre De Hana sceglie i toni grigio scuri medievaleggianti per il coro mentre per i protagonisti si rifà a bozzetti più novecenteschi, preferendo per il protagonista toghe purpuree elegantissime.
Una serie di citazioni poetiche proiettate sul sipario di tulle durante i cambi scena esortano un' Italia prostrata a rialzarsi (monito attuale ora come un tempo?).
Degno di nota lo spettacolare finale, dove un impressionante incendio si proietta sulla colonna Traiana con la fulminea lapidazione di Rienzi e lo stupro di Irene, da parte del  popolo inferocito e animalesco.
Successo trionfale per tutti e numerose chiamate di saluto.

Pierluigi Guadagni


LA PRODUZIONE

Direttore
Stefan Soltesz
Regia, Scene e Costumi
Hugo de Ana
Maestro del Coro
Roberto Gabbiani
Luci
Vinicio Cheli
Movimenti mimici
Leda Lojodice
Maestro d'armi
Renzo Musumeci Greco
GLI INTERORETI

Cola Rienzi
Andreas Schager
Irene
Manuela Uhl
Stefano Colonna
Roman Astakhov
Adriano
Angela Denoke
Paolo Orsini
Ljubomir Puskaric
Raimondo
Milcho Borovinov
Baroncelli
Martin Homrich
Cecco del Vecchio
Jean Luc Ballestra
Un ambasciatore di pace
Hannah Bradbury


ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMAN


uovo

COSÌ FAN TUTTE, WOLFGANG AMADEUS MOZART – TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, giovedì 23 maggio 2013, ore 19,00



Si chiude con la più simpatica delle opere che costituiscono la fortunata trilogia librettistica di Da Ponte, sulla splendida musica di Mozart, la  imponente produzione riproposta quest’anno al Teatro La Fenice di Venezia con la regia di Damiano Michieletto , le scene di Paolo Fantin e naturalmente i costumi di Carla Teti . Se con Don Giovanni eravamo nel settecento e poi un secolo avanti con Le nozze di Figaro, sempre a casa sua scenograficamente, qui l’impianto girevole si trasforma addirittura in un hotel, praticamente ai giorni nostri, con tanto di tv a schermo piatto alla parete e arredi moderni nelle camere dei protagonisti.


Il furbo Don Alfonso è il proprietario dell’albergo, e le donzelle beffate e fedifraghe sono le clienti in vacanza. Che la musica di Mozart si adatti ad ogni messa in scena lo si evince dal successo delle trovate registiche. Non mancano ovvi corteggiamenti con palloncini a forma di cuore o le classiche rose lanciate in aria, ma è il modo in cui il tutto si svolge tendendo sempre al riso e allo scherzo, che diverte molto il pubblico. Così i due giovani gagliardi, con camicie a fiori stile hawaiano, occhiali da sole e capelli lunghi fluenti, si gettano letteralmente ai piedi delle donnine davanti ad un ascensore. Citiamo anche un improbabile balletto con la scopa della cameriera Despina usata anche come chitarra finta, e la 'calamita' che rianima i ragazzi è proprio un defibrillatore che fa solo scintille. Insomma un insieme di luoghi comuni della goliardia giovanile che il regista ha pensato non dovesse essere limitato agli anni del compositore e basta. Il percorso dei sentimenti parte coevo al loro autore per arrivare fino a noi con questo ultimo allestimento. 

Giovani e brillanti anche i protagonisti della serata.  Fiordiligi è Maria Bengtsson. Non avrà il calore di Napoli nel sangue o la verve delle ferraresi, ma ha la grinta giusta nell’impersonare la dolce innamorata che alla fine cede alle ‘cortesie’ di chi ella crede essere uno sconosciuto. La sua voce si esprime meglio in acuto e risolve discretamente le agilità. Nelle arie impegnative mostra carattere e tenuta di fiato.

Decisamente focosa la Dorabella di Josè Maria Lo Monaco. In questo repertorio è sicuramente a suo agio ed il colore piuttosto scuro della voce le permettono di impersonare una dama sanguigna e centrata.  Anicio Zorzi Giustiniani è Ferrando: dal timbro sottile e setoso la sua voce gli consente una buona esecuzione, pur risultando leggermente forzata nel registro più acuto. Mostra di divertirsi parecchio e di immergersi bene nel ruolo del furbo corteggiatore.

Guglielmo è impersonato da un molto capace Alessio Arduini, che possiede un buon fraseggio, personalità, ed un bel colore di voce baritonale che si risolvono in un personaggio ben centrato, spavaldo e sicuro. Spicca su tutti il ruolo di Despina, interpretato dalla bravissima Caterina Di Tonno. La voce è sicura, uniforme ed intonata, a fronte di una immersione totale nel personaggio: furba, gaia, smaliziata, perfettamente a suo agio con le talvolta estremamente burlesche trovate registiche, rende la sua interpretazione la ciliegina della serata.

Ben calato nel suo ruolo anche Luca Tittoto, Don Alfonso, nonostante il suo look fosse decisamente poco affascinante: capelli radi ma lunghi ed una barba incolta ad esagerare l’aspetto fisico del vecchio filosofo che la sa lunga: non il massimo del buon gusto. Tuttavia si muove bene sulla scena, la voce è profonda e ben udibile in sala, fa suo il ruolo con scioltezza.

Ancora una ottima prova da parte del Maestro  Antonello Manacorda, che senza colpo ferire porta a termine un’altra positiva direzione orchestrale attenta, precisa e mai scontata, coadiuvata come sempre dall’ottimo coro della Fenice di Claudio Marino Moretti, simpatica e partecipe clientela dell'hotel. 

Il terzo appuntamento mozartiano registra anche in questo caso un bel successo di pubblico, soprattutto per le protagoniste femminili e grande apprezzamento per il direttore d’orchestra.
MTG

LA PRODUZIONE
maestro                      Antonello Manacorda
concertatore e direttore      
regia                           Damiano Michieletto
scene                          Paolo Fantin
costumi                      Carla Teti
light designer             Fabio Barettin

GLI INTERPRETI

Fiordiligi                    Maria Bengtsson
Dorabella                   Josè Maria Lo Monaco
Guglielmo                  Alessio Arduini
Despina                      Caterina Di Tonno
Ferrando                   Anicio Zorzi Giustiniani
Don Alfonso              Luca Tittoto

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti
maestro al cembalo Roberta Ferrari

con sopratitoli in italiano e in inglese
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice




AMARILLI NIZZA RICEVE IL PREMIO VERDI - ZENATELLO ED INCANTA IL PUBBLICO DI VERONA LIRICA - VERONA, TEATRO FILARMONICO, domenica 19 maggio 2013, ore 16,30



Si è chiusa con un appuntamento straordinario la seconda stagione di concerti dell’Associazione Verona Lirica, come di consueto nella splendida cornice del Teatro Filarmonico di Verona. Per la gioia dei suoi abbonati il concerto ha visto come protagonista una Artista che da ben dieci anni consecutivi calca con straordinari trionfi di pubblico e critica le scene dell’Arena e del Filarmonico stesso, regalando autentiche emozioni al suo pubblico per le sue magnifiche interpretazioni, e che sta contribuendo a fare la storia della lirica nel mondo, portando alto il nome del nostro paese ovunque ella si rechi: Amarilli Nizza. Il concerto di ieri sera è stato incorniciato dall’assegnazione alla Signora Nizza del premio Giuseppe Verdi – Giovanni Zenatello, dal nome delle due associazioni che fondendosi hanno dato vita all’attuale Verona Lirica. Un concerto che ha voluto celebrare il soprano per i suoi meriti artistici e l’abnegazione con cui si dedica al suo lavoro, con risultati di eccellenza che sono ormai una certezza da anni.


Dopo l’assegnazione del premio dalle mani del Direttore Artistico della fondazione Arena di Verona, Paolo Gavazzeni, il pubblico ha potuto ascoltare una emozionante interpretazione del recitativo, dell’aria e cabaletta di Abigaille da Nabucco di Verdi. Come sempre la voce del soprano si espande in sala con corpo e potenza, viaggiando con scioltezza in tutta la gamma del suo registro, riuscendo di volta in volta ad ottenere il giusto suono, sempre pertinente a ciò che il testo enuncia. L’interpretazione è accorata ed emozionante, senza mai risparmiarsi ed il volto stesso dell’Artista esprime con intensità ogni singola parola. Il pubblico le ha tributato diversi minuti di applausi al termine di questa esecuzione con diverse manifestazioni di apprezzamento e stima a gran voce.

Altra perla della serata, l’idea di rappresentare l’intero terzo atto dalla Bohéme di Puccini, con Amarilli Nizza nel ruolo di Mimì e gli altri ospiti della serata nei ruoli di Rodolfo, Marcello e Musetta, rispettivamente Michail Seshaberidze, Federico Longhi , Francesca Martini.

Infine il generoso soprano ha regalato  al suo pubblico una intensa interpretazione dell’aria ‘Sola, perduta, abbandonata’, dalla Manon Lescaut di Puccini, eseguita con incredibile carattere e commovente espressività.  

Le hanno fatto da cornice vocale, come detto, un gruppo di giovani artisti all’inizio della carriera, che hanno avuto la gioia di esibirsi accanto ad una stella illustre e su un palcoscenico importante: i tenori Michail Seshaberidze e Maecio Gomez, i soprani Luciana Distante e Francesca Martini, il baritono Federico Longhi, già avviato verso una carriera promettente, ed il mezzosoprano Elena Serra. Hanno offerto arie tratte dal Corsaro di Verdi (Seshaberidze), dalla Tosca di Puccini, dall’ Otello (Gomez) e dal Simon Boccanegra verdiani (Distante ), dalla Carmen di Bizet (Distante), da I Puritani di Bellini (Martini ), dal Faust di Gounod, (Longhi), dal Trovatore di Verdi (Longhi e Serra), e da Adriana Lecouvreur di Cilea (Serra).
Un bis improvvisato col ‘brindisi’ dalla Traviata ha chiuso la serata con consegna della consueta targa ricordo ai partecipanti.
L’appuntamento per la prossima stagione è ad ottobre per un altro anno di bella musica ed emozioni con Verona Lirica.
MTG 


DON GIOVANNI, WOLFGANG AMADEUS MOZART – TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, venerdì 17 maggio 2013, ore 17,00



In scena al teatro La Fenice di Venezia la trilogia Mozart/ Da Ponte. Il primo appuntamento vede rappresentato il più famoso dei tre titoli in programmazione: Don Giovanni, in un allestimento che vede impegnata la consolidata squadra costituita da Damiano Michieletto, Paolo Fantin e Carla Teti , rispettivamente regia, scene e costumi, capaci di regalarci quello che si può definire senza mezzi termini uno degli spettacoli più belli e meglio riusciti del capolavoro mozartiano degli ultimi tempi.

Ci troviamo nella casa di Don Giovanni, in uno stile che non tradisce l’epoca, il cui apparato è girevole ed è rappresentato da pareti color grigio chiaro con porte e mobili bianchi e grigi, e lampade ai muri, completamente privo di finestre. E non ci spostiamo per tutto il tempo della rappresentazione, neanche quando il libertino ed il suo servo si trovano di fronte alla statua del Commendatore, che qui invece è sostituita dalla bara dello stesso, posta in una stanza allestita come camera mortuaria, in cui gli altri protagonisti sfilano a turno per dare l’estremo saluto al defunto. L’ atmosfera è giovanile, si tratta di ragazzi che potremmo trovare oggi in discoteca o al bar, con le loro pulsioni ed istinti per nulla celati. Don Giovanni è un ragazzo dei nostri tempi, che ha voglia di giocare, divertirsi e godersi la vita con i suoi amici, e soprattutto amiche.

Ma non è capace di provare sentimenti, è cinico e godereccio. Difatti, la scena della cena dell’ultimo atto, è sostituita dalla rappresentazione di un rendez- vous promiscuo  nella camera da letto del protagonista, ove i riferimenti al cibo sono perfettamente resi come doppi sensi riferiti al sesso. All’apparire del Commendatore, un fumo fitto copre gli ambienti, che improvvisamente si distruggono, i mobili sono divelti sul pavimento, e tutti sono a terra come intorpiditi da un sonno ipnotico. E il reprobo è sempre presente in scena, come invocato dagli altri che ne subiscono costantemente lo spirito. Così, pur dopo la sua scomparsa tra le rovine e la coltre nebbiosa che copre il tutto, il suo spirito ritorna in scena su tutti deridendoli come a suggellare la sua vittoria, comunque. In scena non mancano botte, bottiglie lanciate contro il muro, e tantissimi momenti di ilarità, esaltata anche da un cast veramente in gran forma ieri sera, coadiuvato da un pubblico entusiasta e molto partecipe.  

Su tutti davvero in grande spolvero il Don Giovanni di Markus Werba: spavaldo, baldanzoso, sarcastico con il giusto piglio di cinismo, esaltato dalla sua voce giovane ma già a punto per un ruolo così impegnativo.
Man forte gli da Nicola Ulivieri che non è da meno col suo Leporello: bello il colore della voce dal timbro incisivo e forte di una interpretazione centrata; molto espressivo nel duetto con donna Elvira, disperata al punto da simulare un pianto nevrotico di fronte all’interminabile elenco di conquiste del suo ex spasimante, con l’orchestra che entra quasi in sordina a non disturbare i due e poi proseguire a pieno suono man mano che l’elenco si infittisce e la sventurata si deprime.

Centrata appunto la Elvira di Maria Pia Piscitelli: la campana mette tutto il fuoco della sua terra nell’esprimere il ruolo della donna ferita e vendicativa, utilizzando a pieno il suo strumento vocale corposo e scuro come si addice al ruolo che, con una regia così impegnativa, lascia quasi senza respiro.
Donna Anna è una Carmela Remigio dolce e sofisticata, che ha al suo attivo una voce dal volume notevole ed un timbro acuto e forte allo stesso tempo, e risolve il suo ruolo con carattere e sensibilità.

Affiatati e corretti anche Masetto e Zerlina, nelle voci di un discreto William Corrò ed una Caterina di Tonno sicura e dalla buona presenza scenica, la cui voce setosa si espande bene in sala con linearità. Il buon don Ottavio è un abbastanza corretto Marlin Miller, la cui voce tenorile ha un bell’impasto ed esegue la sua aria ‘Il mio tesoro’ con il giusto slancio. Le agilità non sono perfette ed il pubblico gli ha rivolto qualche velata contestazione al termine della rappresentazione.
Il ruolo del Commendatore è infine Abramo Rosalen, che se pur brevemente ha mostrato carattere e presenza scenica.

La direzione di Antonello Manacorda è attenta e puntuale, sicura e diremmo anche molto disinvolta. Il Maestro canta spesso insieme agli interpreti, anche nei recitativi, e pare divertirsi molto in un buon feeling con i suoi musicisti, che accompagnano gli eventi in scena con sensibilità e correttezza, assieme al come sempre ben preparato coro del Teatro la Fenice di  Claudio Marino Moretti.

Il pubblico come detto è stato particolarmente partecipe e felice durante tutto lo spettacolo, i 'brava', 'bravo' si sono sprecati al termine, proprio una bella soddisfazione per questa produzione impegnativa dello stesso teatro veneziano.
MTG


LA PRODUZIONE

Maestro                     Antonello Manacorda
concertatore e direttore
Regia                          Damiano Michieletto
Scene                          Paolo Fantin
Costumi                     Carla Teti
Light designer           Fabio Barettin

GLI INTERPRETI
                        
Don Giovanni           Markus Werba
Donna Anna             Carmela Remigio
Don Ottavio               Marlin Miller
Il commendatore       Abramo Rosalen
Donna Elvira             Maria Pia Piscitelli
Leporello                   Nicola Ulivieri
Masetto                      William Corrò
Zerlina                        Caterina di Tonno

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti

con sopratitoli in italiano e in inglese
allestimento Fondazione Teatro La Fenice