Nuova produzione de Le Nozze di Figaro di W.A. Mozart nell’hangar fieristico trasformato nel provvisorio Teatro Comunale di Bologna per gli anni necessari alla ristrutturazione della sala del Bibiena.
Il “Comunale Nouveau” pur rappresentando una valida alternativa, comincia dopo i primi mesi di utilizzo a svelare i suoi limiti di sala da spettacolo: acustica improponibile, mancanza di un impianto di ricircolo d’aria in sala, climatizzazione al limite del sopportabile (in questi giorni una fornace), carenza strutturale di servizi come i bagni o una zona ristoro adeguata, considerando il fatto che attorno alla struttura non vi sono alternative. Ma soprattutto un palcoscenico che limita parecchio le possibilità tecniche richieste nel teatro d’opera.
Si fa di necessità virtù quindi e Alessandro Talevi, confeziona uno spettacolo di finissimo pregio attoriale dove tutto funzione in maniera stupefacente pur limitando le sue capacità di raffinatissimo uomo di teatro al quale ci ha abituato in passato, proprio a causa della struttura limitata del palcoscenico.
La “folle journée” pensata da Talevi, che firma anche l’impianto scenico, si svolge tutta tra pareti mobili composti da porte e finestre sui quali vengono proiettati, nel corso delle arie principali dei protagonisti, dei video che ne dilatano il pensiero cantato nel momento, creando un impatto visivo molto suggestivo come ad esempio durante l’aria di Rosina al terzo atto ( Dove sono i bei momenti).
All’interno di questo ambiente un poco asettico, si sviluppa la vicenda gestita da Talevi in maniera esemplare dove ogni singolo movimento viene pensato e studiato in maniera maniacale in un'epoca apparentemente senza tempo come suggeriscono i costumi di rara finezza di Stefania Scaraggi (bellissimi quelli della Contessa, una sorta di Valentina Cortese annoiata o quelli spassosissimi di Cherubino travestito da femmina).
E’ una regia di impianto tradizionale, dove non succedono stramberie psicologiche né i personaggi soffrono di turbe dissociative, ma che possiede il piacevolissimo gusto del teatro con alcune punte di alta fantasia ad esempio nella fondamentale scena del Fandango (dove gli studiatissimi movimenti coreografici di Danilo Rubeca giocano un ruolo fondamentale) o nella scena del giardino al quarto atto dove la sapiente movimentazione di ogni singolo personaggio si fa racconto plastico ed interiore.
Sul versante musicale, la direzione di Marjin Dendievel spinge sul pedale del metronomo senza risparmio, generando isolati scollamenti in un’orchestra perfettamente a suo agio in un suono mozartiano di rara bellezza ma non sempre disciplinata in chiuse ed attacchi. Encomio speciale per la cura maniacale nella scorrevolezza dei recitativi, giocati in un intreccio di rara perfezione tra il clavicembalo ed il violoncello, generando una sorta di basso continuo veramente notevole.
Nella compagnia di canto, ha spiccato su tutti il Conte di Vito Priante, autentico fuoriclasse, probabilmente il migliore in questo ruolo ad oggi. Priante è sempre inappuntabile nella linea stilistica, protervo e irruento mai a scapito di un’eleganza nel canto come nei movimenti pieni di fantasia interpretativa. Impettito, marziale, pieno di quella arguzia, briosità e naturalezza che sono parte integrante del personaggio. Notevole nei vocalizzi dell’aria “Vedrò, mentr’io sospiro” in cui la dialettica dell’uomo ricco che tutto può, il buffo orgoglio ferito e la gelosia che scotta sono messi in rilievo con gusto da grande artista.
L’ormai rodato Figaro di Davide Giangregorio ha tenuto la scena con stile e autorevolezza vocale sfoderata in tutte le arie, ciliegina sulla torta quella del quarto atto “Aprite un po’ quegli occhi”, cantata con una vena di rassegnazione allo strapotere delle donne, che l’ha resa indimenticabile.
La Contessa Rosina di Mariangela Sicilia non è la donna delusa e remissiva nel canto che spesso ascoltiamo. ma una signora che sa reagire ai problemi della coppia con autorevole presenza soprattutto vocale guadagnandone in ampiezza e rotondità. La Sicilia non solo ha ricamato con estrema sensibilità le sue due stupende arie ma si è imposta per un volume inconsueto per la sua parte regalandoci un Contessa finalmente sonora.
Lo scatenato Cherubino di Cecilia Molinari ci dimostra quanto questa artista sia maturata al punto di sorprenderci con una bella interpretazione di “Voi che sapete”, preziosa canzonetta che, in quanto tale, rischia in un attimo la banalità: in questa occasione ci è sembrato invece di ascoltarla per la prima volta. Per lei meritatissime ovazioni.
Tetiana Zhuravel è stata Susanna sorprendente nel canto e nella costruzione del personaggio. È lei, insieme alla Contessa, a tenere il controllo dell’intreccio. La voce gradevole, la dizione perfetta e la recitazione di gran classe la tengono lontana dai rischi di un personaggio spesso petulante, soubrettistico, tutto faccette e mossette. Arriva al quarto atto in crescendo, così da offrire una perfetta interpretazione di “ Deh vieni, non tardar”, con la complicità di un’orchestra ipnotica.
Bravo il Bartolo di Francesco Leone, che aderisce come un guanto alla pomposa, boriosa e meschina ipocrisia del personaggio. Lodevole la sua capacità nelle note tenute, negli acuti, la facilità di declamare velocemente nel turbinoso scioglilingua “Se tutto il codice dovessi volgere”.
Perfettamente in parte nel personaggio petulante e maturo la Marcellina di Laura Cherici (peccato per il taglio della sua aria) come pure il sonoro e vibrante Basilio di Paolo Antognetti (anche a lui tagliata la sua aria al quarto atto, peccato).
La Barbarina di Patricia Fodor è piagnucolosa e svenevole come si conviene.
Corretti il Don Curzio di Cristiano Olivieri, l’Antonio di Dario Giorgelè e le due contadine Chiara Salentino e Rosa Guarracino.
Corretto nei suoi brevi interventi il coro istruito da Gea Garatti Ansini.
Ovazioni per tutti gli interpreti al termine, da parte di un teatro gremito in ogni ordine di posti.
Pierluigi Guadagni
LA PRODUZIONE
LE NOZZE DI FIGARO
Commedia per musica in quattro atti K. 492
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Il Conte d’Almaviva Vito Priante
La Contessa d’Almaviva Mariangela Sicilia
Susanna Tatiana Zhuravel
Figaro Davide Giangregorio
Cherubino Cecilia Molinari
Marcellina Laura Cherici
Bartolo Francesco Leone
Don Basilio Paolo Antognetti
Don Curzio Cristiano Olivieri
Barbarina Patricia Daniela Fodor
Antonio Dario Giorgelè
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Martijn Dendievel
Maestro del coro Gea Garatti Ansini
Regia e scene Alessandro Talevi
Costumi Stefania Scaraggi
Luci Teresa Nagel
Videomaker Marco Grassivaro
Coreografo e regista assistente Danilo Rubeca
Nuovo allestimento del Teatro Comunale di Bologna
Bologna, 23 maggio 2023
Foto Andrea Ranzi