Dopo diversi decenni torna alla Fenice di Venezia il titolo verdiano che vede svolgere le sue vicende proprio nel capoluogo veneto, in una produzione in collaborazione col Maggio Musicale Fiorentino e proposta in 5 recite, l’ultima delle quali è quella a cui ci riferiamo in questo articolo. Venezia è città di grande fascino e mistero ed è naturale che molti tra poeti, artisti e naturalmente musicisti abbiano prestato la propria arte alla celebrazione della sua bellezza e della storia. Così Lord Byron che vi trascorse ben tre anni, dovette trovare particolarmente interessante per il suo dramma la storia del longevo doge Francesco Foscari e le sfortunate vicende relative al figlio Jacopo.
Sembra quasi percepire l’animo particolarissimo del poeta inglese nel libretto di Francesco Maria Piave, con le sue tinte fosche ma intense a cui il regista Grischa Asagaroff ha attinto per concepire questo spettacolo. Siamo nel quindicesimo secolo e mette in scena una garbata rappresentazione in linea con l’epoca, avvalendosi delle scene e dei costumi di Luigi Perego che con i suoi chiaro scuri ci proietta in atmosfere sospese e pregne di pathos.
Niente di particolarmente spettacolare o innovativo comunque: semplicemente troneggia al centro del palco una torre girevole che richiama il monumento dedicato al Doge Foscari nella basilica dei Frari, che roteando appunto su se stessa crea di volta in volta le diverse ambientazioni, con qualche aggiunta significativa intorno. Lo spettacolo è tutto sommato scorrevole e gli interpreti più che altro stanno innanzi o intorno a questo imponente elemento scenico cercando di aggiungere del proprio vissuto ai diversi personaggi. L’insieme è comunque pertinente e di buon gusto. Anche le coreografie di Cristiano Colangelo sono delicate e piacevoli.
Una particolare energia ha pervaso tutto lo spettacolo, intesa come espressione di valore, di orgoglio, di resistenza tanto nel personaggio del Doge quanto in suo figlio, nella sposa caparbia e volitiva, e persino nei ruoli di contorno. Ne consegue che già con l’orchestra condotta da Sebastiano Rolli si è avvertita una sensazione di possanza, di orgogliosa manifestazione musicale, tradotta in una particolare veemenza nei suoni, dai ritmi interessanti e certo adatti agli accadimenti, ma che hanno portato gli interpreti a forzare spesso sui volumi e talvolta con risultati perfettibili.
Luca Salsi si è trasformato nel Doge personificandolo al meglio delle sue possibilità con rigore, espressività e sfruttando le caratteristiche della voce austera di suo, ampia e profonda quando serve. Il figlio Jacopo è stato un Francesco Meli che probabilmente ha accusato un po’ la stanchezza dell’ultima recita, dando comunque tutto se stesso al personaggio dal destino non semplice, mostrando ancora una volta il bel timbro vocale che tutti conosciamo, se pur con qualche passaggio non perfetto. Anastasia Bartoli possiede certamente uno strumento canoro poderoso e ricco su tutta la sua tessitura; probabile che l’ energia dell’orchestra l’abbia spinta a cercare un suono più corposo che variegato, donando anche al suo personaggio un carattere parecchio vigoroso vocalmente.
Buona la prova Carlotta Vichi come Pisana, Riccardo Fassi è stato un Loredano appropriato ed energico sulla scia dei suoi compagni in scena; Barbarigo è stato interpretato da Marcello Nardis; chiudono il cast il fante del Consiglio dei Dieci Alessandro Vannucci ed il servo del doge Antonio Casagrande. Poderoso anche l’apporto del Coro preparato da Alfonso Caiani.
Pubblico folto, e non sempre educatissimo, ha apprezzato ed applaudito tutti gli interpreti ed il Maestro Rolli.
Maria Teresa Giovagnoli
PRODUZIONE E INTERPRETI
Direttore Sebastiano Rolli
maestro del Coro Alfonso Caiani
regia Grischa Asagaroff
scene e costumi Luigi Perego
light designer Valerio Tiberi
coreografo Cristiano Colangelo
Francesco Foscari Luca Salsi
Jacopo Foscari Francesco Meli
Lucrezia Contarini Anastasia Bartoli
Pisana Carlotta Vichi
Jacopo Loredano Riccardo Fassi
Barbarigo Marcello Nardis
Un fante del Consiglio dei Dieci Alessandro Vannucci
Un servo del doge Antonio Casagrande
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO LA FENICE
Foto Michele Crosera
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