Ritorna sulle tavole dell’anfiteatro veronese l'Aida pensata in toto dal regista Stefano Poda lo scorso anno. Nota per il suo approccio visivo unico, si è confermata una Aida spettacolare ma con un'aura lugubre che ha avvolto l'intera produzione. I giochi di luci e ombre, insieme agli imponenti scenari, hanno creato un'atmosfera suggestiva, ma immersa in una ambientazione eccessivamente cupa per l'opera di Verdi. Poda realizza una produzione grandiosa ma vuota, dove l'estetica ha prevalso sulla sostanza, lasciando il pubblico ( e noi) con un senso di perplessità e disconnessione. risultando alla fine un susseguirsi di effetti spettacolari e simbolismi difficili da decifrare. La sua scenografia, caratterizzata da monumentali strutture geometriche e un uso sapiente dei giochi di luce, ha creato un'atmosfera potente e drammatica, coerente con la tragedia verdiana. Il lavoro di Poda si è rivelato in sostanza una macchina sfavillante e gelida, alla continua ricerca di effetti visivi che finiscono per autocelebrarsi. Non c'è nessuna emozione autentica, nessun tentativo di costruire una drammaturgia coerente e coinvolgente. Tutto è sembrato orientato verso l'impressione visiva piuttosto che verso la narrazione emozionale.. Il risultato è stato uno spettacolo che, sebbene visivamente affascinante, è rimasto freddo e privo di anima.
In sintesi, la produzione di Poda si conferma non particolarmente interessante dal punto di vista registico, nonostante la grandiosità visiva e la precisione nell'esecuzione scenica.
Le coreografie, sempre pensate da Poda, pur non brillando per originalità o bellezza, sono risultate funzionali al contesto scenico, integrandosi bene con la visione complessiva. Non hanno rubato la scena, ma hanno contribuito in modo efficace alla narrazione.
Sul podio, Marco Armiliato ha offerto una direzione tradizionale ma povera di profondità interpretativa. Tutto corretto, ma è mancata quella scintilla capace di trasformare una buona esecuzione in un'esperienza indimenticabile. La direzione, è mancata di quella vitalità e profondità interpretativa che avrebbero potuto elevare ulteriormente la produzione. La scelta di mantenere un approccio musicale compassato non ha aiutato a compensare l'austerità visiva della regia.
Marta Torbidoni, al suo debutto in Arena e nel ruolo, ha tradito qualche comprensibile emozione ed ha offerto una Aida appassionata ma monocromatica. La sua voce, pur tecnicamente valida, è parsa mancare di quelle sfumature emotive che rendono Aida un personaggio così complesso e struggente. La Torbidoni ha mostrato grande impegno e potenza vocale, ma la sua interpretazione è sembrata a tratti statica e priva di dinamica.
Gregory Kunde, nonostante qualche segno di cedimento vocale dovuto, crediamo, ad un eccessivo tour de force (Otello a Roma, Aida e Turandot a Verona nel giro di pochi giorni), ha dimostrato ancora una volta di essere un cantante di altissimo livello. La sua esperienza e la sua presenza scenica hanno compensato piccole imperfezioni, regalando al pubblico momenti di grande intensità.
Agnieszka Rehis nel ruolo di Amneris, ha portato sul palco una principessa egizia di straordinaria intensità emotiva e vocale, catturando l'essenza del personaggio con una voce potente e ricca di armonici. Nonostante il suo debutto in Arena, ha dominato il palcoscenico con una presenza scenica imponente, conquistando il pubblico con la sua interpretazione profonda e sentita.
Alexander Vinogradov nel ruolo di Ramfis, ha mostrato una notevole padronanza tecnica e una presenza scenica imponente. La sua voce di basso, profonda e risonante, ha conferito al personaggio l'autorità e la gravitas necessarie
L'interpretazione di Vinogradov si è distinta per la chiarezza della dizione e l'articolazione precisa, che hanno reso il suo Ramfis non solo imponente dal punto di vista vocale ma anche espressivo e penetrante. Un fraseggio raffinato ha contribuito a delineare un personaggio autoritario e solenne, perfettamente in linea con le esigenze del ruolo.
Igor Golovatenko nel ruolo di Amonasro, ha impressionato per la sua intensità e precisione tecnica. Golovatenko ha portato in scena un Amonasro fiero e determinato, caratterizzato da una voce baritonale robusta e ben proiettata che ha permesso di evidenziare le sfumature emotive del personaggio, passando con agilità da momenti di rabbia e orgoglio paterno a passaggi più lirici e struggenti. La dizione chiara e l'articolazione precisa hanno ulteriormente arricchito la sua interpretazione.
Extralusso come sempre il Re di Riccardo Fassi. preciso e imponente nella voce, ottimo il Messaggero di Riccardo Rados, come pure la Sacerdotessa di Francesca Maionchi.
il Coro della Fondazione Arena di Verona, preparato magistralmente da Roberto Gabbiani.ha rappresentato uno degli apici artistici di questa produzione.
Al termine successo cordiale per tutti gli interpreti senza eccessivi clamori, da parte di un pubblico congelato dalla temperatura e dallo spettacolo.
Pierluigi Guadagni
LA PRODUZIONE E GLI INTERPRETI
Direttore Marco Armiliato
Regia, scene, costumi, luci e coreografia Stefano Poda
Assistente a regia, scene, costumi, luci e coreografia Paolo Giani Cei
Coordinatrice azioni di regia figuranti minori Maria Elisabetta Candido
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Il Re Riccardo Fassi
Amneris Agnieszka Rehlis
Aida Marta Torbidoni
Radamès Gregory Kunde
Ramfis Alexander Vinogradov
Amonasro Igor Golovatenko
Un messaggero Riccardo Rados
Una sacerdotessa Francesca Maionchi
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
CREDITI FOTO: ENNEVI