Gennaio 1770.
Il giovane Wolfgang Amadeus Mozart, poco più che tredicenne, accompagnato dal padre Leopold, arriva a Verona e si esibisce in due concerti, nella Sala Maffeiana dell'Accademia Filarmonica, quindi in chiesa all'organo a San Tomaso (sfregiando con un temperino la tastiera del Bonatti, incidendo le sue iniziali del nome). Del. soggiorno del giovane Mozart a Verona resta anche un ritratto, attribuito al Cignaroli, battuto all'asta per quattro milioni di euro pochi anni fa, una istantanea di quei giorni che segnarono la carriera del giovane compositore e lo legarono per sempre alla storia della città scaligera.
Sulle tracce di quel viaggio Verona celebra Mozart con un cartellone di eventi messi insieme da Accademia Filarmonica, Fondazione Arena, Comune di Verona, Fondazione Cariverona.
E proprio la Fondazione Arena decide di inaugurare la sua stagione invernale con una produzione de Le Nozze di Figaro pensata nel 2022 per il Teatro Nuovo Giovanni da Udine da Ivan Stefanutti per regia, scene e costumi (assistito da Filippo Tadolini alla regia e alle scene, e da Stefano Nicolao ai costumi).
Uno spettacolo lineare, coerente, vivace e rispettoso della drammaturgia musicale originaria qui proposta in una versione integralissima senza nemmeno un recitativo mancante, anche se della lunghezza delle Nozze già si scusava a Vienna nel 1786 Lorenzo Da Ponte nella prefazione al libretto ("l'opera non sarà delle più corte che si sieno esposte sul nostro teatro"). Uno spettacolo quindi, quello ideato da Stefanutti, che ricalca le didascaliche indicazioni di Da Ponte passo dopo passo senza aggiungere e togliere nulla. Non è cosa facile ricreare un capolavoro come quello delle Nozze sulla scena tenendo altissima l’attenzione del pubblico per più di tre ore: è impresa difficilissima. Unico neo: quel voler stipare tutta l’azione su di una pedana rialzata senza utilizzare mai, nemmeno una volta, il proscenio, ha portato a dei deficit acustici non trascurabili poiché tutta l’azione si è così svolta tra il centro e il fondo dell'ampio palcoscenico, già di suo acusticamente infelice, del Teatro Filarmonico. Ne ha fatto le spese sicuramente il coro (preparato da Ulisse Trabacchin, dai cui ranghi venivano anche le due contadine della "scena degli omaggi": Emanuela Schenale e Tiziana Realdini) che viene relegato sempre al limite del fondo praticabile, risultando spesso non in sincrono con l’orchestra e al limite dell’udibile. Ma anche gli stessi cantanti si sono trovati più volte a dover faticare non poco soprattutto nelle scene d’assieme.
Il successo principale risiede a nostro avviso nella concertazione di Francesco Ommassini a capo di una Orchestra della Fondazione Arena quasi irriconoscibile per precisione e coerenza stilistica. E' un Mozart serrato nei ritmi (fino alla punta di piacevole aggressività di certi concertati), ma tutt'altro che secco, anzi nutrito e seducente; un'immagine mozartiana in continuo bilico tra una classica maniera viennese, le formulazioni più asciutte ed elettriche che vanno di moda oggi, la pienezza di sonorità che comunque serve anche in Mozart. Tutto è equilibrato in questa lettura: gli archi scattanti e leggiadri, i grandi insiemi, le arie, persino il recitativo accompagnato seguito con attenzione maniacale, i momenti che tutti aspettano, le battute che a duecento anni di distanza fanno immancabilmente ridere il pubblico coinvolgendolo.
Coinvolgimento ben profuso anche dalla Contessa di Gilda Fiume, voce rotonda, venata di accenti bronzei stupefacenti, in grado sicuramente di inquadrare una Rosina volitiva e battagliera, divisa tra amore e rancore, pietà, desiderio di vendetta, volontà di redenzione; insomma il personaggio femminile più prismatico e più complesso probabilmente dell’intera trilogia. Ricorderemo a lungo il suo “Dove sono i bei momenti” tutto cantato sul fiato nella prima parte e a fior di labbra nella ripresa, con un coinvolgimento emotivo che è trasparso persino nella lunga pausa che divide la cesura dell’aria.
La Susanna di Sara Blanch, annunciata lievemente indisposta, dopo un inizio non brillante, si riprende delineando il suo personaggio con la giusta frizzante personalità. La sua “Deh vieni, non tardar” è stato uno dei momenti più felici della serata. Tecnicamente inappuntabile, ha cantato (e recitato) talmente bene che quasi non ci siamo accorti di quanto brava fosse, figurarsi addirittura ammalata.
Il Conte di Alessandro Luongo è un signore sicuro, spavaldo, arrogante, perfino un po' antipatico nella sua altezzosa sicumera, come è giusto che sia. Dispone di uno strumento caldo, corposo, dotato di buon volume, ma attento ad essere dosato all'occorrenza.
Di rara perfezione Giulio Mastrototaro che ben scolpisce il suo Figaro garantendo virilità di accenti, armonici sonori e densità di colore oltre ad una sillabazione precisissima da manuale. Corretto ma deficitario di tutta la parte grave del suo registro il Don Bartolo di Salvatore Salvaggio. Rosa Bove è grintosa tanto sulla scena quanto vocalmente e in grado di dar bene corpo e voce alla ruspante Marcellina voluta da Mozart-Da Ponte soprattutto nella sua non facile aria “ Il capro e la capretta” di solito puntualmente tagliata non tanto per snellire ma più che altro per trovare cantanti in grado di eseguirla correttamente.
Chiara Tirotta risolve con finezza e morbidezza vocale le tempeste ormonali del giovane Cherubino; di gran lusso la perfetta Barbarina di Elisabetta Zizzo come pure il chiarissimo Don Curzio di Matteo Macchioni. Notevole Didier Pieri nella petulante parte di Don Basilio che vede riaprire la sua non facile aria “In quegli anni in cui val poco” cantata con perfezione stilistica e musicale non comune. Garanzia di ottima prestazione, il veterano Nicolò Ceriani nella parte di Antonio.
Il pubblico della prima, che ha visto un Filarmonico pressoché sold-out, ha accolto Le Nozze di Figaro con lunghi applausi e divertita partecipazione.
Pierluigi Guadagni
LA PRODUZIONE E GLI INTERPRETI
Direttore Francesco Ommassini
Regia, scene e costumi Ivan Stefanutti
Assistente a regia e scene Filippo Tadolini
Assistente ai costumi Stefano Nicolao
Luci Claudio Schmid
Figaro Giulio Mastrototaro
Susanna Sara Blanch
Il Conte d'Almaviva Alessandro Luongo
La Contessa d'Almaviva Gilda Fiume
Cherubino Chiara Tirotta
Marcellina Rosa Bove
Don Bartolo Salvatore Salvaggio
Don Basilio Didier Pieri
Don Curzio Matteo Macchioni
Barbarina Elisabetta Zizzo
Antonio Nicolò Ceriani
Due contadine:
Manuela Schenale
Tiziana Realdini
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
FOTO ENNEVI
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