SESTO CONCERTO DELLA STAGIONE SINFONICA 2016\17 DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA - Teatro Filarmonico di Verona, 24 marzo 2017

di Pierluigi Guadagni

Felicissimo concerto quello al quale abbiamo assistito nell'ambito della stagione sinfonica della Fondazione Arena di Verona al teatro Filarmonico.

Riuscitissimo grazie ad un Direttore d'orchestra che sa come coinvolgere degli strumentisti oltre che concertarli, per una pianista che non è più una giovane promessa ma una solida artista e per un'orchestra veramente in stato di grazia.

Cominciamo dalla pianista Leonora Armellini che si è esibita nel concerto k 595 n.27 di Wolfgang Amadeus Mozart.

La giovane pianista padovana dimostra di conoscere benissimo il dettato mozartiano soprattutto nel suo ultimo concerto per piano e orchestra, con il quale condivide una interpretazione introspettiva, intima, più volta ad uno sviluppo cameristico che concertistico.

La Armellini, dimostra una unità stilistica che trova la sua chiave di volta nella riflessione minuta più che nell'ampiezza dell'arcata e nel modo con cui l'interprete alla tastiera sviluppa ogni frase.

C'è, nella giovane pianista, quella stupefazione che si traduce in una qualità di suono sempre luminosa, resa affascinante proprio da un gesto che è più prono alla ricerca contemplativa piuttosto che alla scorrevolezza discorsiva.

Il pianoforte della Armellini non eccede e non scompare quindi, ma mostra trasparenze che esaltano l'orchestra e da questa viene ricambiato con la limpidezza del discorso, un amalgama che lascia il sapore caldo dei legni e il cristallino degli archi.

L'artista padovana si è poi esibita in due bis richiesti con grande insistenza dal pubblico.

La marcia dall' opera “L'amore delle tre melarance”  di Prokofiev e di Chopin lo studio op.10 n.12.

Ola Rudner è un direttore che sa cosa chiedere ad una orchestra soprattutto per chi come lui  ne è stato parte per lunghi anni.

L' ouverture dal Don Giovanni è qui concertata pensando più alla ricchezza armonica, ricercando un fraseggio asciutto, quasi tagliente che metta al bando ogni edonismo sonoro, esaltando al contrario una magnifica eloquenza con dinamiche stringenti e vivaci.

La sinfonia n.3 “Eroica” di Beethoven con il quale si è concluso il concerto, ha visto una Orchestra della Fondazione Arena di Verona in ottima forma.

La direzione di Ola Rudner diventa vibrante di pathos dalla prima all'ultima nota della partitura senza però mai scadere in quell'enfasi iper romantica che snaturerebbe completamente l'anima di questo capolavoro.

La bacchetta di Rudner ricerca continuamente il taglio epico, ora appassionato, ora febbrile nell'orchestra, che risponde alla perfezione, soprattutto nelle sezioni dei primi e secondi violini, rispondendo in maniera chiara ed appassionata ad ogni gesto che risulta cosi correttamente inteso ed interpretato.

Ola Rudner, costantemente alla ricerca di un suono pulito che sappia mettere in risalto le capacità tecniche degli strumentisti, trionfa nell'enfasi di certi fortissimi dove gli ottoni naturali perforano con bandistica violenza il tetto degli archi, ad esempio nella marcia funebre prima e dopo il fugato della terza parte.

E ancora i timbri astringenti dei legni, le esplosioni dei timpani, le brusche virate agogiche nei contrappunti del Poco Andante, incuneati al centro di un Finale che sgomenta e fa pensare.

Successo trionfale con numerose chiamate al proscenio da parte di un pubblico numeroso e partecipe.

Pierluigi Guadagni

FOTO ENNEVI - FONDAZIONE ARENA DI VERONA