Ancora una volta ci troviamo a ripetere quanta parte della letteratura inglese sia felicissima fonte di ispirazione per opere musicali per contenuto, linguaggio e soprattutto per certi personaggi davvero attualissimi, come nel caso della novella dickensiana A Christmas carol, raccontata in questo lavoro che il compositore londinese Iain Bell ha concepito due anni fa ed il cui famoso testo è stato rielaborato per il libretto da Simon Callow. La più celebre novella di Charles Dickens arriva a Trento grazie alla Fondazione Haydn per la seconda stagione di ‘Opera 20.21’, precisamente per la prima volta in Italia e nel periodo delle festività natalizie. Esattamente come nel floridissimo periodo vittoriano, al pubblico piace immedesimarsi nei protagonisti che vede in scena o di cui legge nei romanzi, ed il Racconto di Natale non ha bisogno di attualizzazioni né di rielaborazioni sofisticate per essere portato in scena ai giorni nostri. In un’epoca in cui sembra che i buoni sentimenti siano subordinati al business anche in momenti festosi e non ci sia tempo per fermarsi a godere delle piccole cose belle della vita, risulta quanto mai attuale la storia del burbero Scrooge che non possiede lo spirito festivo, così concentrato nella sua mission di far soldi, ed è perciò sottoposto ad un viaggio sentimental-fantastico accompagnato dallo spirito del Natale passato, presente e futuro alla riscoperta dei valori più belli dell'animo umano. L’anima giornalistica dello scrittore inglese traspare dallo spiccato senso di osservazione della vita cittadina con tutte le sfumature più pittoresche. Tanto spietato è il giudizio nei confronti dell’insensibile Scrooge, tanto è puntuale l’analisi dei problemi umani e delicata la descrizione di situazioni socialmente difficili. Tra l’ironico e la caricatura, questo spietato uomo d’affari rappresentava allora, come oggi, una classe sociale che il famoso romanziere condannava, ma per il quale aveva previsto comunque una redenzione per accontentare l’animo speranzoso dei suoi lettori.
Nella scena di questa produzione Nate Gibson prevede semplicemente una sala addobbata a festa con lampadari ricchissimi, alberi di Natale intorno ed un grande tavolo con teste di manichino su cui sono adagiate le parrucche che man mano il protagonista utilizza durante il racconto. Le luci di Ceri James sono parte integrante dello spettacolo e seguono tanto la narrazione quanto le dinamiche musicali. La regista Polly Graham mette a dura prova Mark Le Brocq facendolo muovere continuamente e mimare tutto ciò che racconta e bravissimo è il tenore a giocare con la sua fisicità ed il timbro a disposizione, mostrando anche doti falsettistiche con cui si diverte parecchio.
Difficile la strada intrapresa dal giovanissimo Iain Bell che compone la sua musica per un personaggio solo, il quale ha la responsabilità di ‘intrattenere’ il pubblico per circa centodieci minuti senza tregua e facendo contemporaneamente da narratore e da protagonista. La musica fa praticamente tutto, è sorprendentemente descrittiva, sottolinea ed arricchisce, utilizza linee melodiche squisite e contrasti azzeccatissimi per il personaggio in scena. Non a torto Bell si dichiara un compositore vecchio stampo: non vi sono silenzi inquietanti e non servono rumori elettronici per riempire vuoti o spiegare il narrato. Il suono è sempre piacevole ed è studiato per accompagnare senza mai sovrastare la voce del narratore, il cui canto/recitato è sempre ben udibile e non si scontra mai con quanto produce l’orchestra. Merito in questo caso del Maestro James Southall, sensibilissimo nell’avvolgere con gusto e delicatezza il tenore Le Brocq, chiamato a fare letteralmente i salti mortali muovendosi a tutto tondo su un palco ove può interagire soltanto con l’assistente mimo Veronica Risatti , che in qualche modo è stata chiamata a fornire supporto visivo in determinate situazioni. Meno chiara la introduzione in italiano dal valore quasi giustificativo cui funge la stessa Risatti, la quale muovendosi tra il pubblico (tanto per cambiare) richiama in un certo senso l’idea degli strilloni di un tempo, preannunciando lo spettacolo tipicamente inglese che andrà in scena e fingendo di racimolare offerte in giro tra i presenti.
Lo spettacolo corre via piacevolmente quasi come un incontro letterario, come se l’ autore stesse presentando ai suoi lettori il suo ultimo capolavoro leggendolo e rappresentandolo, ma in questo caso accompagnato da una bellissima narrazione musicale a supporto.
Applausi calorosi al termine da parte di un teatro discretamente pieno.
Maria Teresa Giovagnoli
LA PRODUZIONE
Direzìone musicale James Southall
Regia Polly Graham
Scene e costumi Nate Gibson
Luci Ceri James
Narratore Mark Le Brocq
Assistente Veronica Risatti
ORCHESTRA HAYDN DI BALZANO E TRENTO
ALLESTIMENTO WELSH NATIONAL OPERA
PRODUZIONE FONDAZIONE HAYDN STIFTUNG
Foto Fondazione Haydn di Bolzano e Trento
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