TOSCA DI G. PUCCINI, ARENA DI VERONA OPERA FESTIVAL – RECITA DEL 10 AGOSTO 2019
Ennesima ripresa di Tosca alla Fondazione Arena di Verona, nella messa in scena di Hugo De Ana che inaugurò la stagione 2006. Spettacolo godibilissimo quello affrontato in toto da De Ana tredici anni fa che disegna una Roma circoscritta nell'ambito della piattaforma di Castel Sant'Angelo dove la spada e la testa dell'arcangelo Michele, fanno da sfondo a tutta la vicenda pucciniana.
Una vicenda a tratti cinematografica più che teatrale, dove i personaggi si muovono all'interno di una passione che può essere amorosa, politica o religiosa a seconda della situazione del libretto, con una particolare attenzione alla cura dei movimenti di ogni singolo interprete.
De Ana riesce a rendere spettacolare qualsiasi momento della tragedia, ad iniziare dalla cannonata (vera) che annuncia la fuga di Angelotti dalla prigione, passando per un Te Deum fatto di macabri figuri religiosi abbigliati con costumi sfarzosissimi, fino alla morte della protagonista non più esibita in un lancio dalla balaustra ma nella sua assunzione al cielo come una santa qualsiasi in un' estasi recondita. E' una Tosca tutto sommato di impianto tradizionale quella di De Ana che tanto piace al pubblico areniano e che riesce ad emozionare nella sua precisa semplicità.
Il versante musicale ha risentito delle pesanti condizioni climatiche della serata alla quale gli invernali ed elaborati costumi di De Ana hanno contribuito in maniera sostanziale.
Saioa Hernandez ha finalmente debuttato nell'anfiteatro veronese in un ruolo come quello di Tosca che le calza a pennello. Reduce dalle recite di Macbeth a Macerata e da un calendario serratissimo, ha in parte dimostrato una certa stanchezza vocale evidente in un canto quasi sempre monocromatico e a tratti affaticato. Certo, l'Artista è notevole e lo si deduce da come la Hernandez affronta non tanto la scrittura vocale ma il personaggio, sempre con una aderenza di altissimo livello fatta di acuti precisi e sicuri, fraseggio da manuale e presenza scenica ottima.
Purtroppo la sua interpretazione, forse per il caldo opprimente e l'emozione di trovarsi per la prima volta a contatto con il pubblico areniano, ha risentito non poco risultando sì di alto livello ma forse un po' esausta.
Il Cavaradossi di Fabio Sartori (che sostituisce l'annunciato Yussif Eyvazov in programma per le prime tre recite) possiede voce sicura e squillo stentoreo che gli permettono di risolvere il personaggio con una certa sicurezza almeno dal punto di vista vocale. Al netto di qualche manierismo musicale al quale avremmo volentieri rinunciato (portamenti esagerati, singulti e prese di fiato imponenti) Sartori si dimostra comunque artista completo e molto amato dal pubblico, al quale in segno di ringraziamento concede il bis di “lucean le stelle”.
Un senso di leggero disagio causato forse non solo dal caldo opprimente ha in parte compromesso la prova di Ambrogio Maestri quale Scarpia.
Maestri da solido professionista quale è, riesce a disegnare un personaggio sì particolarmente truce e perverso ma la fatica di fiato e di presenza hanno caratterizzato una performance che non ha brillato particolarmente. In più ogni volta che ascoltiamo il baritono pavese, abbiamo sempre la sensazione di vedere ed ascoltare Falstaff, del quale è interprete di riferimento e che lo ha reso conosciuto al grande pubblico. Uno Scarpia un poco addolcito dall'acqua del Tamigi insomma.
Nei ruoli di fianco troviamo un magnifico Biagio Pizzuti quale Sagrestano, vocalmente ineccepibile e perfettamente a suo agio nel ruolo del petulante inserviente di chiesa. Un ruolo che Pizzuti interpreta senza cadere in quell'eccesso di cliché tipico del suo personaggio.
Molto bene ha fatto anche Roberto Covatta, uno Spoletta malvagio e subdolamente perverso non solo nelle movenze sceniche ma anche nella modulazione vocale che lo porta ad essere artista perfetto per questi ruoli. Speriamo sinceramente di ascoltarlo presto interpretare anche altri personaggi magari più completi ed in altre lingue ( Monostatos o Narraboth ad esempio) dove sarebbe perfetto oltreché credibile scenicamente.
Perfetti anche lo Sciarrone di Nicolò Ceriani, il carceriere di Stefano Rinaldi Miliani e l'Angelotti di Krzystof Baqczyk.
Il pastorello di Enrico Ommassini è credibile nella sua voce stentorea, spavalda e intonata.
Daniel Oren a capo dell'Orchestra della Fondazione Arena, dimostra ancora una volta di conoscere come non pochi la partitura pucciniana che lo ha visto debuttare in Arena nel lontano 1984 con artisti del calibro di Verrett, Aragall e Wixell. Il sottoscritto era presente e conferma che l'idea di una Tosca così perfettamente aderente al dettato di Puccini, raramente la si ascolta. Oren riesce ad ottenere da un'orchestra in ottima forma, la restituzione del suo colore originario, fatto di trasparenza, scintillio ed un colore chiaroscuro che lo pone diametralmente opposto al verismo più truce tanto in voga, riportandolo nei giusti binari del musicista raffinatissimo quale Puccini era.
Perfetto nei brevi interventi a conclusione del primo atto ed apertura del secondo, il coro della Fondazione Arena preparato da Vito Lombardi.
Al termine successo vivissimo per tutti.
Pierluigi Guadagni
LA PRODUZIONE
Direttore Daniel Oren
Regia, scene, costumi e luci Hugo de Ana
GLI INTERPRETI
Tosca Saioa Hernàndez
Cavaradossi Fabio Sartori
Scarpia Ambrogio Maestri
Angelotti Krzysztof Baczyk
Sagrestano Biagio Pizzuti
Spoletta Roberto Covatta
Sciarrone Nicolò Ceriani
Un carceriere Stefano Rinaldi Milian
Un pastorello Enrico Ommassinì
ORCHESTRA, CORO E TECNICI DELL'ARENA DI VERONA
Coro di Voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani
Maestro del Coro Vito Lombardi
Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese.
FOTO ENNEVI - FODAZIONE ARENA DI VERONA
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