Torna, per la terza volta, sulle tavole del Teatro Filarmonico di Verona, la produzione di Rigoletto pensata da Arnaud Bernard nel 2011 e ripresa più volte anche in altri teatri italiani. Il mondo creato dal regista (qui ripreso da Yamal Das Irmich) con la scena di Alessandro Camera, è uno spazio ligneo e meta-teatrale che evoca lo sfarzo della Mantova dei Gonzaga e l’umanesimo rinascimentale con forti rimandi all’arte pittorica del ‘500, fra palazzi ideali, biblioteche e moli sul Mincio che subiscono tempeste atmosferiche e insieme letterarie, sempre nel rispetto della drammaturgia verdiana. Uno spettacolo che in sostanza si muove su una linea di tradizione indolore e non particolarmente interessante, se si esclude una certa facilità di gestione della scena unica.
La compagnia di canto, ha visto brillare Luca Micheletti nel ruolo del titolo, convincendo e vincendo oltre che per la straordinaria padronanza vocale, soprattutto per la travolgente passionalità interpretativa. La capacità di uscire dai contorni di eccellente virtuoso per buttarsi in un canto appassionato dal timbro denso e luminoso quanto vibrante e generoso nell’emissione, ha dimostrato la volontà di essere interprete prima di tutto, dando prova di conoscere alla perfezione ogni singola nota della sua parte, riuscendo ad esaltare una corretta interpretazione anche a discapito, per fortuna, di una tradizione logora e frusta che fatica a scomparire.
La Gilda di Eleonora Bellocci ha, di contro, deluso le aspettative riposte. La sua interpretazione è stata, pur nella correttezza complessiva, piuttosto priva di raffinatezza oltremodo segnata da un vibrato strettissimo non certo accattivante. C'era la febbrilità del personaggio, le enfatizzazioni della linea vocale; c'erano le note, tutte, più o meno belle. Non c'era però la rifinizione del canto, la ricerca delle mezze voci, la volontà di scavare tra i suoni una psicologia più complessa per un personaggio probabilmente troppo oneroso per la sua vocalità.
Ivan Magrì è un Duca bello e ruffiano, di voce generosa e di comunicativa eccellente; canta la ballata con grande disinvoltura, beandosi dei propri acuti (molto bello il si naturale che la conclude), ma, rispetto ad altri ruoli, esibisce un’emissione meno rifinita, quasi distratta, durante le frasi più centrali. Un’interpretazione, la sua, in sostanza molto “classy”, più vicina all'eleganza distaccata d’un Kraus che ad una visione un poco smargiassa di un Pavarotti. Ha cantato benissimo Gianluca Buratto, un Sparafucile truce e violento non solo sulla scena, che ostenta una voce dai mezzi rotondi e copiosi. Anastasia Boldyreva conferisce avvenenza e carisma alla sua Maddalena. Nel resto del cast, completato con decoro da Nicolò Ceriani (Marullo), Filippo Adami (Borsa), Alessandro Abis (Conte di Ceprano), Francesca Maionchi (Contessa di Ceprano), Nicolò Rigano (Usciere) e Cecilia Rizzetto (Paggio), spicca Davide Giangregorio nel ruolo del Conte di Monterone.
ll direttore d’orchestra Francesco Ommassini, ritrova la tradizionale passionalità della partitura, perfino con qualche eccesso di enfasi, (probabilmente dovuto anche alla collocazione dell’orchestra ancora inspiegabilmente in platea e non in buca) dando il meglio di sé nell'accompagnare con precisione e finezza la linea del canto. Rapidissimo, preciso e dritto al punto, riesce a cogliere e ad esaltare i momenti drammaturgicamente essenziali. Dalla sua bacchetta escono colori freddi, taglienti e atmosfere notturne, tutto in perfetto accordo con la regia pensata da Bernard. L’orchestra della Fondazione Arena, segue con precisione il gesto sicuro, che propone una lettura tesa fino all'eccesso, con le nervature della scrittura orchestrale sempre esposte in piena luce, talvolta anche a discapito delle linee di canto, eppure sempre finalizzata alla costruzione di una coesa e violenta visione drammatica.
Molto bene ha cantato (ancora con la mascherina) la sezione maschile del Coro della Fondazione Arena, che conferma l’ottimo lavoro svolto dal nuovo maestro Ulisse Trabacchin.
Successo vivo per tutti gli interpreti da parte di un teatro finalmente gremito.
Pierluigi Guadagni
PRODUZIONE E INTERPRETI
Direttore Francesco Ommassini
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Regia Arnaud Bernard ripresa di Yamal das Irmich
Scene Alessandro Camera
Il duca di Mantova Ivan Magrì
Rigoletto Luca Micheletti
Gilda Eleonora Bellocci
Sparafucile Gianluca Buratto
Maddalena Anastasia Boldyreva
Giovanna Agostina Smimmero
Il Conte di Monterone Davide Giangregorio
Marullo Nicolò Ceriani
Matteo Borsa Filippo Adami
Il Conte di Ceprano Alessandro Abis
La Contessa di Ceprano Francesca Maionchi
Un usciere di corte Nicolò Rigano
Un paggio della Duchessa Cecilia Rizzetto
Coro e Orchestra e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Allestimento della Fondazione Arena di Verona
FOTO ENNEVI