Felicissima serata per il Settembre dell'Accademia 2017, giunto alla sua XXVI edizione, con una delle Orchestre giovanili più blasonate e poliedriche del panorama musicale europeo, un Direttore di assoluto riferimento per il repertorio del '900 ed un pianista eclettico quanto rigoroso.
Con un programma tutto teso alla esaltazione del suono novecentesco, la GMJO si conferma come una delle compagini orchestrali migliori in assoluto (non solo tra quelle giovanili) con un suono preciso, disciplinato anche in programmi di difficilissima esecuzione, tecnica più che interpretativa, capace di esaltare con un entusiasmo a dir poco incredibile, frutto certamente di una preparazione e di una concertazione puntuale e rigorosa.
E ce ne siamo accorti subito con l'Overture da concerto op.91 “nel regno della natura” di Dvorak, brano che ha aperto la serata e che ha fatto da viatico e legatura tra il mondo musicale ottocentesco e quello novecentesco a seguire.
L'eleganza e la continua ricerca del versante naturalistico più descrittivo di Dvorak vengono enfatizzati dal gesto scarno ma incisivo di Ingo Metzmacher che riesce ad esaltare la brillantezza dei fiati e dei legni di questa orchestra meravigliosa, trovando il giusto equilibrio in una partitura esempio tra i più interessanti di musica descrittiva pura, scarna da qualsiasi intellettualismo o ricerca di sonorità timbriche inconsuete.
La mano descrittiva di Dvorak è qui inesauribile freschezza melodica che si trasforma e sviluppa in spontaneità schietta e diretta, e come tale Metzmacher la concerta riuscendo a cogliere perfettamente il gusto di una partitura serena, piacevole ed entusiasta.
Piacere ed entusiasmo che continuano con il concerto per pianoforte e orchestra in fa maggiore di Gershwin che ha visto come solista uno spavaldo Jean Yves Thibaudet.
La versatilità, l'estro e le capacità di assimilazione, fecero di Gershwin l'autore americano più “moderno” conosciuto in Europa.
Gershwin scrisse il concerto in fa maggiore su commissione del Direttore d'orchestra Walter Damrosch nel 1925 che nonostante le riserve di ordine tecnico, non impedirono di avvertire nella musica il riflesso di un'epoca nuova con la sua audacia, le sue sfrontatezze e la sua gioia febbrile pur risentendo dei migliori echi impressionistici di Debussy e Ravel.
In esso il jazz vive e brilla di luce propria, si alimenta delle tendenze sinfoniche ottocentesche per inserirsi in esse e dà adito ad un nuovo corso musicale sospeso tra la canzone popolare e l'improvvisazione colta.
Thibaudet è qui interprete tecnicamente impeccabile che lascia ampio spazio a virtuosismi iperbolici attraverso una interpretazione melodica che fa del suono una immagine personale proprio attraverso l'interpretazione jazzistica, a conferma del suo valore estemporaneo e soggettivo.
Una performance estatica, perfettamente equilibrata tra melodia e divagazione, pianissimo e fortissimo, stasi ritmica e deambulazione, assecondata da una bacchetta severa e precisa quale quella di Metzmacher.
A conclusione della mirabile esecuzione, Thibaudet si congeda con un bis a furor di popolo interpretando magistralmente l'intermezzo op.118 n.2 di Brahms.
La suite per orchestrò dal Mandarino Meraviglioso (A csoladatòs mandarin) di Bartòk fu composta con l'esigenza di veicolare quanto possibile una musica che, per il soggetto scabroso della pantomima originaria, altrimenti sarebbe caduta nell'oblio.
L'intensità musicale composta da Bartòk per il “Mandarino meraviglioso” è così rovente da restare unica nella sua gamma espressiva, pur così ricca di passionalità. Melodie, timbri, armonie e soprattutto ritmi rompono in questa partitura ogni limite fino a scendere in quella regione dell' animo in cui tutto è allo stato incandescente.
E incandescente è anche la bacchetta di Metzmacher che sapientemente guida una spavaldissima orchestra che non ha il minimo timore a raggiungere perfettamente l'apice di un più che fortissimo, non teme di calare subito l'asso di un affondo d'effetto e dà corpo a spessori e densità timbriche immani.
Degnissima conclusione di un concerto perfetto è stata la suite n.2 per orchestra di “Daphnis et Clohé”, senza dubbio una delle pagine più brillanti della musica francese del '900 che si avvale di una orchestrazione tra le più ricche che il compositore abbia impiegato.
Metzmacher, senza compromettere le credenziali sinfoniche della musica, ci ricorda che questo è, dopo tutto, un balletto, un gioco teatrale di colore e ritmo che racconta una storia. E' la sua capacità di preservare il senso del lavoro del narratore che si sviluppa, combinato con l'agile e flessibile riproduzione dell'orchestra, che rende questa performance così eccezionale.
Non che manchi il senso della tragicità nella personale (e pur fascinosa) lettura di Metzmacher, e lo si è compreso fin dalle prime misure, già dinamicamente significative; la GMJO evita pur tuttavia quelle sfuggenti ed alonate mistificazioni nelle quali altri invece indugiano, a dire il vero forse fin troppo, puntando dritto sulla chiarezza delle linee melodiche e, più ancora, sull’ efficace squadratura del ritmo che di “Daphnis et Clohé” costituisce il nerbo.
Al termine successo vivissimo per una orchestra in splendida forma, in un crescendo di applausi incessanti che però non hanno saputo regalare nessun bis.
Pierluigi Guadagni
I PROTAGONISTI
GUSTAV MAHLER JUGENDORCHESTER
Ingo Metzmacher direttore
Jean-Yves Thibaudet pianoforte
Musiche di A. Dvořák, G. Gershwin, B. Bartók, M. Ravel


FOTO ACCADEMIA FILARMONICA DI VERONA